Detenuto suicida a Bologna, il 61esimo dall’inizio dell’anno. “Amnistia subito”

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BOLOGNA – “Amnistia subito”. È la richiesta urgente che arriva dall’associazione di detenuti Papillon Emilia-Romagna, dopo il secondo suicidio in pochi giorni nel carcere di Bologna. La vittima è un detenuto di 34 anni di origine marocchina, in attesa di giudizio alla Dozza per spaccio di stupefacenti: si è tolto la vita stanotte inalando il gas di una bomboletta. Due settimane fa un altro detenuto si era ucciso impiccandosi nella sua cella. Dall’inizio dell’anno sono 61 i detenuti che si sono tolti la vita e 175 le morti in carcere, quattro solo nell’ultima settimana. Ristretti, l’organo di informazione carceraria, riepiloga i decessi, facendo notare come si tratti spesso di persone tossicodipendenti o con problemi psichiatrici. Il 26 novembre a Pavia, un detenuto di origine seneglaese con problemi psichiatrici è morto per cause ancora da accertare. Il 2 dicembre a Trieste, probabilmente per un’overdose di farmaci, è morto un detenuto 33enne e tossicodipendente. Il 4 dicembre a Cagliari una donna di 42 anni, anche lei tossicodipente, si è impiccata nella sua cella.

“In carcere si muore”, spiega Valerio Guizzardi di Papillon Emilia-Romagna, “e in questo momento l’unico modo per fermare questa strage è l’amnistia. Bisogna dire chiaramente che i politici che si oppongono a questa soluzione portano sulle spalle la esponsabilità  di queste morti e di quelle che verranno”. La situazione nelle carceri italiane, e il loro perenne sovraffollamento, “è peggiorata e continuerà  a peggiorare, perché i problemi non vengono meno: andiamo verso il collasso”. Così anche l’ultimo caso di suicidio in carcere non sorprende: “Siamo affranti e addolorati”, continua Guizzardi, “ma sappiamo che non sarà  l’ultimo caso”.

Gli ultimi decessi riguardano inoltre detenuti che secondo Papillon non dovrebbero stare in carcere, come i tossicodipendenti: “Hanno bisogno di cure e di luoghi protetti, il carcere non è posto per loro”, spiega Guizzardi. Troppe anche le persone in attesa di giudizio, proprio come l’uomo che si è tolto la vita alla Dozza. “In Italia si continua a fare un uso spregiudicato della custodia cautelare”. Neppure le misure ipotizzate dal nuovo ministro della Giustizia, Paola Soverino – braccialetto elettronico e maggiore ricorso agli arresti domiciliari – potrebbero risolvere la situazione. “Tutti sanno che il braccialetto non funziona”, spiega Guizzardi, “ma il punto è che l’amnistia è l’unica soluzione per deflazionare il numero di detenuti presenti nelle carceri: significherebbe salvare decine di vite. È chiaro che da sola non risolverebbe tutti i problemi, ma intanto facciamola, poi bisognerà  riformare l’intero settore”. (ps)

 

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