E alla liquidità  ora pensi la Bce

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Con l’articolo 8 del decreto Salva Italia, il governo Monti offre la garanzia dello Stato alle prossime emissioni di certificati e obbligazioni da parte di banche con sede legale in Italia, dunque anche, per dire, di Bnl e Cariparma, ormai parte dei gruppi francesi Bnp Paribas e Crédit Agricole.
Le emissioni eleggibili alla garanzia potranno avere scadenze fino a 7 anni. E la garanzia, incondizionata, irrevocabile e a prima richiesta, potrà  coprire una cifra massima per ogni banca pari al patrimonio di vigilanza più il patrimonio di terzo livello della medesima. A questo scopo, il governo ha stanziato 200 milioni l’anno dal 2012 al 2016. Per beneficiare dell’ombrello del Tesoro, le banche dovranno pagare un premio dello 0,4-0,5% maggiorato attraverso formule basate sui «credit default swap», polizze a valore variabile contro il default di ciascuna banca.
Lo Stato non garantirà  qualsiasi emissione, ma soltanto quelle in euro che non incorporeranno derivati; verranno interamente rimborsate a scadenza e avranno un tasso fisso. Le banche garantite non potranno abusare del sostegno ricevuto. Ma qui il testo non è chiaro. Esemplifica l’abuso nelle «comunicazioni commerciali rivolte al pubblico». Che dovrebbero sempre essere perseguite, se mendaci o ingannevoli. In realtà , il vero abuso sarebbe usare il denaro ottenuto grazie al Tesoro per reinvestirlo in titoli finanziari a maggior rendimento, italiani o esteri, con l’obiettivo di migliorare i bilanci e le retribuzioni dei banchieri. Paventare un tale abuso non è fare accademia, ma esercitare il dovere della memoria su quanto è già  accaduto nel 2009 a Wall Street con clamorosi profitti per le varie Goldman Sachs, che scontavano la loro carta presso la Federal Reserve e reimpiegavano la liquidità  in titoli ad alto rendimento dei Paesi emergenti. Un gioco che, senza aiuti pubblici, hanno tentato anche Bpm e Monte dei Paschi indebitandosi a breve per reinvestire in Btp, salvo perderci a causa dell’inversione imprevista dei tassi. Alla Vigilanza è dato il potere di segnalare gli abusi (anche questi?) al ministero dell’Economia il quale potrà  escludere i furbetti da ulteriori garanzie. Ma, alla fine, il punto vero sono le quantità .
Intesa Sanpaolo, tanto per fare un esempio, ha un totale di attività  pari a circa 600 miliardi di euro per due terzi impegnate in crediti alla clientela. Con la garanzia totale dello Stato potrebbe emettere obbligazioni fino a 47 miliardi, tale è il limite patrimoniale fissato. Con una garanzia del 50%, potrà  sfiorare il centinaio. È un salvagente per un mare in tempesta, ma non per la tempesta perfetta. Funziona a patto che la crisi di liquidità  sia solo parziale. E poi c’è la questione del rating. Quello della Repubblica italiana, negli ultimi tempi, è talvolta scivolato sotto quello di Intesa o di Mediobanca. Ora c’è Monti. Che è un economista di rango, ma non un Re Taumaturgo. È probabile, dunque, che la garanzia serva più che altro a riattivare il mercato interbancario e poi andare ciascuno a scontare la nuova carta alla Banca centrale europea.
Con il decreto Salva Italia, le imprese incassano tre provvedimenti, utili in particolare alle aziende di credito: la parziale deducibilità  fiscale degli aumenti di capitale; lo sconto sull’Irap relativa al costo del lavoro; la possibilità  di conteggiare come capitale le imposte differite attive in caso di perdita. Tutto bene. Ma qui termina la politica interna. E non riesce a nascondere la sua fragilità  di fronte all’esigenza che, per mettere in sicurezza davvero il sistema, la Bce dovrebbe poter scontare tutti gli attivi tipici dei bilanci bancari, e non solo quelli ottimi o presunti tali.
Il gioco vero, dunque, comincia domani e dopodomani in Europa, mentre diventa ogni giorno più incomprensibile. Con la manovra, le banche avranno un po’ di ossigeno nei limiti del Consiglio europeo del 26 ottobre e Mario Monti si è guadagnato il diritto di parola. Che venga davvero ascoltato dipende dall’idea che la cancelliera Angela Merkel si sarà  fatta sulla posizione del suo Paese rispetto al Titanic sul quale il resto dell’Europa sa già  di viaggiare: se finalmente capirà , ottenuta la prova di disciplina dalla discola Italia, che anche la Germania è a bordo ed è meglio aiutare il transatlantico a virare o se, invece, continuerà  a credere di trovarsi al caldo sullo Stockholm.


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