F-35: discussi nel mondo, intoccabili in Italia. 15 miliardi in meno per la spesa sociale

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ROMA – Tagli e sacrifici in Italia riguardano sempre i soliti noti. Si può indovinare a occhi chiusi: basta pescare una parola a caso nel sacchetto del sociale. Uno fra tutti il Servizio civile nazionale che negli ultimi tre anni ha visto i fondi ricevere una cura dimagrante senza precedenti tanto da aver perso 100 milioni di euro in tre anni. Eppure, basterebbe pescare per una volta da un altro sacco e tagliare altrove per diminuire la distanza che c’è tra i piatti della bilancia. Basterebbe togliere dalla lista della spesa un solo cacciabombardiere F35/JSF (Joint Strike Fighter) dei circa 130 che il nostro Paese ha in programma di acquistare nei prossimi anni per rimettere in piedi il Servizio civile. Un aereo militare da 133 milioni di dollari ad esemplare (spese di carburante e di gestione escluse), cioè la cifra tolta dal 2010 al 2012 al Servizio civile. Ma loro, gli F35, sembrano essere intoccabili. L’F35/JSF Joint Strike Fighter ha un nome da videogame, ma di divertente non ha nulla. L’Italia ha partecipato fin dall’inizio alla loro realizzazione investendo circa 1,5 miliardi di euro e anche se non ha firmato ancora l’acquisto, l’interesse del nostro Paese non sembra scemare. Il tutto per una spesa complessiva che supera i 15 miliardi di euro. A cui bisogna aggiungere un’altra manciata di miliardi di spese varie. Le spese militari ci sono sempre state, è vero. Ma quella che sta per essere perfezionata con gli F35 ha una storia particolare, che vede l’Italia in controtendenza rispetto al resto dei finanziatori del progetto e degli acquirenti. Ad oggi, infatti, ci sono state diverse prese di posizione sul progetto e le critiche sono evidenti. “In Olanda la Corte dei conti ha fatto un dossier – spiega Francesco Vignarca, coordinatore di Rete Disarmo -, in Australia il governo ha fermato tutto e discuterà , in Norvegia c’è una discussione parlamentare in corso, c’è un dibattito aperto anche in Canada. In Italia, invece, non c’è nulla”. Ma su cosa vertono le discussioni? Quali sono i dubbi? Non si tratta soltanto di farsi i conti in tasca in periodo di crisi. Si tratta anche di spendere “bene” i soldi. E per quanto riguarda l’F35 pare che non tutto stia filando liscio. “Un recente rapporto dal titolo “F-35 Joint Strike Fighter Concurrency Quick Look Review” – spiega la Rete Disarmo – elaborato da alti ufficiali del Dipartimento della Difesa Usa rivela impietosamente la mole di guai del programma. Tra le questioni maggiormente problematiche c’è il nuovo casco avveniristico che non funziona come dovrebbe, oppure il meccanismo di aggancio di coda che ha fallito tutti e otto i test di atterraggio. Secondo alcune indiscrezioni sembra ci siano state 725 ‘richieste di modifica’ in attesa di essere evase nel solo mese di ottobre 2011”. Tuttavia, nonostante queste vicende, il ministro della Difesa italiano, Giampaolo Di Paola, non sembra essere preoccupato e durante la trasmissione Otto e Mezzo spiega come “l’investimento negli F35 consentirà  all’Italia di avere capacità  di primo livello nel settore aereo e consentirà  all’industria italiana di fare investimenti importanti e di crescere, quindi non mi sembra sia uno spreco”. L’acquisto degli aerei ad oggi non è stato ancora confermato, spiega Vignarca, ma se andasse in porto “potrebbe far alzare le spese militari di circa il 10% – aggiunge -. Anche se il vero problema è che in ogni programma il costo di acquisto è la metà  o un terzo del costo complessivo per il mantenimento e la gestione”. Ad oggi, però, nonostante i tagli, la crisi, le lacrime dei ministri, le intenzioni di acquisto non sembrano essere neanche scalfite, dopo ormai quasi tre anni di campagna di informazione delle associazioni “no-F35”. La campagna contro l’acquisto di questi aerei, infatti, va avanti dal 2009, con grande sorpresa degli stessi attivisti che pensavano di doversi opporre solo per qualche mese, mentre ancora oggi il progetto non ha visto neanche la pista di lancio. Tra le ragioni per dire no ai cacciabombardieri, le associazioni sollevano anche la “incostituzionalità ” del possibile acquisto. L’F35, infatti, non è solo un aereo militare. Si tratta di un aereo da guerra, un mezzo predisposto all’attacco e non alla difesa. Per tale ragione l’acquisto di tale cacciabombardiere andrebbe in netto conflitto con l’articolo 11 della Costituzione italiana, dove si dice che “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà  degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Non c’è, infine, neanche la consolazione di vedere crescere i posti di lavoro, spiega la Rete Disarmo. “Dei 10.000 posti annunciati, sembrano rimanere nella realtà  poche centinaia che non saranno neanche nuovi, ma ricollocazioni di lavoratori che perderanno il posto a causa dei tagli dell’Eurofighter (un altro caccia che vede la partecipazione dell’Italia tra i finanziatori del progetto, ndr) entrato in concorrenza con l’F35”. (ga) © Copyright Redattore Sociale


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