Ha svelato crimini Usa in Iraq, merita l’ergastolo

by Editore | 17 Dicembre 2011 7:47

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Dopo 19 mesi di isolamento è iniziato ieri il processo contro Bradley Manning, il soldato americano accusato di aver fornito centinaia di migliaia di documenti riservati dell’esercito Usa al sito internet di Julian Assange, WikiLeaks. Arrestato in Kuwait il 26 maggio 2010, Manning ha passato 7 mesi in isolamento totale nel carcere di Quantico, in Virginia, per poi essere spostato in un penitenziario del Kansas dopo le proteste degli attivisti per i diritti umani, fra cui Amnesty. Manning viveva chiuso in cella per 23 ore al giorno senza rapporti con altri detenuti, impossibilitato a dormire dalle 5 del mattino alle 8 di sera e obbligato a rispondere a domande delle guardie carcerate ogni 5 minuti. Protagonista della più grande fuga di documenti riservati nella storia dell’esercito Usa, Manning è accusato di «collusione col nemico» e «diffusione di informazioni militari» per aver passato a WikiLeaks centinaia di migliaia di dispacci diplomatici provenienti da ambasciate e consolati in tutto il mondo, rapporti militari e un celebre video di guerra in cui un elicottero Usa sparava sui civili di Baghdad. 
E’ per questo che il soldato semplice Manning, che proprio oggi compie 24 anni, è considerato in tutto il mondo un eroe e un paladino della libertà  d’informazione, mentre negli Stati uniti ha sfiorato la condanna a morte per tradimento, che l’accusa ha deciso di non chiedere, e rischia ora l’ergastolo. 
Durante l’udienza preliminare, cominciata ieri nel tribunale militare di Fort Meade, in Maryland, con la ricusazione di uno dei giudici da parte della difesa, Manning si dovrà  scagionare dai 22 capi d’imputazione che potrebbero portarlo davanti alla corte marziale. Il suo avvocato David Coombs ha iniziato all’attacco, spiegando che il giudice d’accusa, il colonnello Paul Almanza, tentava di impedire alla difesa di chiamare testimoni ed era incompatibile lavorando per il dipartimento di giustizia. L’udienza è stata così sospesa dopo trenta minuti, per valutare l’obiezione di Coombs. Che però è stata respinta.
Inizialmente accusato solamente di essersi impossessato dei documenti classificati dell’esercito attraverso la rete intranet del dipartimento alla difesa e di averli diffusi a persone non autorizzate, a marzo l’esercito ha formulato i 22 capi d’imputazione contro di lui. A incastrare Manning sarebbero state delle conversazioni via chat con Adrian Lamo, un hacker americano che non aveva mai visto, a cui avrebbe confessato il furto dei documenti e che lo avrebbe denunciato all’Fbi. L’accusa punterà  tutto sulle conversazioni fra Manning e Lamo, mentre la difesa, che ha citato 48 testimoni fra cui diversi psicologi, si affiderà  alla fragilità  emotiva e psicologica del soldato al tempo e alla sostanziale ininfluenza delle rivelazioni di WikiLeaks. 
Quella di ieri, in un’aula di tribunale spoglia, è stata la prima apparizione pubblica del soldato. Intorno a lui una cinquantina di persone, fra parenti e giornalisti. Fuori dalla base, protetta da esagerate misure di sicurezza, c’erano i suoi sostenitori. Per loro Manning è un eroe che ha svelato i crimini di guerra dell’esercito Usa.

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