I beni artistici restano a secco i 57 milioni dell’8 per mille vanno all’emergenza carceri

by Editore | 29 Dicembre 2011 9:27

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ROMA – Le carceri sono più urgenti. I beni culturali possono aspettare. La boccata d’ossigeno di 57 milioni per tamponare l’emergenza detenuti lascia a mani vuote i monumenti, i palazzi storici, le biblioteche, le chiese, gli affreschi italiani che hanno bisogno di restauri. Nel 2004 era stata la guerra in Iraq a scippare il contributo. Ora è il sistema carcerario ad assorbire i fondi indirizzati verso l’architettura e l’archeologia italiane dall’otto per mille. È una lotta tra poveri che si tirano una coperta sempre più corta. E che lascia praticamente a secco il patrimonio artistico più nascosto e prezioso del Belpaese.
«Dobbiamo completare l’edilizia carceraria per permettere la detenzione salvando i diritti fondamentali dell’uomo e per il nuovo anno abbiamo stanziato 57 milioni di euro» aveva annunciato il ministro della Giustizia, Paola Severino, al termine del Consiglio dei ministri del 16 dicembre. Sei giorni dopo, ecco il decreto legge n. 211 che, “per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri”, all’articolo 4 autorizza, “per l’anno 2011”, la spesa “di euro 57.277.063 per le esigenze connesse all’adeguamento, potenziamento e alla messa a norma delle infrastrutture penitenziarie”. E i finanziamenti come arrivano? “Mediante – recita il comma 2 – corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa. .. relativamente alla quota destinata dallo Stato all’otto per mille”.
Quest’anno erano state ben 1600 le domande di contributo, circa il 30% in più rispetto al 2010, arrivate alla presidenza del Consiglio. Che, coinvolgendo le commissioni di architetti e storici dell’arte del ministero Beni culturali, da aprile a ottobre aveva scremato le richieste di finanziamento per interventi urgenti. I fondi dell’8 per mille destinati allo Stato servono, in realtà , anche alla lotta alla fame nel mondo, all’assistenza ai rifugiati e alle calamità  naturali. E anche queste aspettative saranno disattese. Ma negli anni passati circa il 70% dei 140 milioni arrivati dalla denuncia dei redditi erano andati a foraggiare la quarta voce del programma: la conservazione dei beni culturali. Ora invece neanche più quel budget risicato, già  ridotto dal Tesoro a 57 milioni. 
Non solo le bellezze sotto la protezione statale godono dell’aiuto dell’otto per mille. Ma anche il patrimonio ecclesiastico e comunale. E, visto il taglio draconiano delle ultime manovre economiche ai fondi ordinari del ministero e degli enti locali, quei 57 milioni dirottati verso l’edilizia carceraria erano linfa vitale per un tesoro distribuito lungo tutto il Paese che, secondo i dati del Touring Club, annovera 7282 tra chiese, basiliche, monasteri, pievi sperdute; 4.109 palazzi; 2.054 castelli; 1.034 monumenti antichi. 
«Il grosso va all’architettura e ai beni storico-artistici. Dall’otto per mille all’archeologia in realtà  arriva poco, diciamo 1-2 milioni» spiega il direttore generale per l’archeologia del ministero Beni culturali, Luigi Malnati. «Ma certo anche per noi – aggiunge – questo è una decurtazione pesante. Il museo delle navi di Grado, ad esempio, stava rinascendo grazie ai soldi delle denunce dei redditi». Il ministero destina 80 milioni del suo bilancio di un miliardo e quattro (nel 2007 era uno e nove) ai lavori ordinari. In più, negli anni passati hanno beneficiato del sostegno aggiuntivo dell’otto per mille la Certosa di Padula e la biblioteca dell’Istituto di studi storici in palazzo Filomarino a Napoli, la Madonna con il Bambino affrescata nel Cinquecento su una casa a Sedegliano, in Friuli, ma anche le antiche mura di Lomello, nel Pavese, o l’organo della parrocchiale di San Biagio in Casanova Lanza, vicino Como. Il Colosseo e Pompei i soldi li trovano al botteghino e dagli sponsor. Le migliaia di realtà  minute dello straordinario patrimonio italiano, e le miriadi di aziende di restauro che lo curano, hanno bisogno del “popolo del 730” per continuare a vivere.

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