I colossi europei dell’energia arrancano

by Sergio Segio | 11 Dicembre 2011 7:55

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MILANO – L’ultima ad arrendersi, in ordine di tempo, è stata Rwe. La società  nata dalla fusione delle principali utility locali tedesche, si è aggiunta alla lista dei colossi del settore elettrico in Europa che hanno dovuto varare un’operazione straordinaria per far fronte sia alla crisi con conseguente calo di domanda dell’energia sia alle nuove politiche dei governi che penalizzano il nucleare, dopo l’incidente alla centrale di Fukushima. Rwe ha annunciato di dover ricorrere a un aumento di capitale, tramite emissioni di nuove azioni, in modo da finanziarsi sul mercato per oltre 2 miliardi di euro. Una notizia che il mercato non ha gradito particolarmente: il titolo alla Borsa di Francoforte è crollato dell’8 per cento, dopo aver aperto con perdite superiori all’11 per cento. La ricapitalizzazione non è l’unica strada imboccata dai colossi dell’energia europea. C’è chi ha annunciato drastiche riduzione di personale, chi si è dovuto buttare in tutta fretta su nuovi business, chi ha avviato un piano di dimissioni e chi, addirittura, ha minacciato cause legali ai governi. L’uscita dal nucleare è la strada che ha deciso di intraprendere la Germania, che ha già  chiuso 7 dei suoi 17 impianti (i più vecchi). Da qui, i problemi di Rwe. Ma anche del numero uno tedesco E.On, il cui utile netto è crollato nei primi sei mesi del 71% a 948 milioni contro gli oltre 4 miliardi di un anno fa. La società  ha così annunciato un piano di taglio di costi da 1,5 miliardi, che passa anche per una riduzione del personale tra 9 e 11mila persone. Anche in Francia, paese leader del nucleare in Europa con i suoi 58 impianti, l’atomo ha i suoi problemi. L’alleanza tra verdi e socialisti minaccia, in caso di vittoria alle prossime elezioni, di ridurre del 25% la percentuale di energia prodotta dalle centrali nucleari di Edf e chiudere 24 impianti (anche in questo caso i più obsoleti). I vertici di Edf hanno reagito facendo trapelare che potrebbero tagliare fino a 6mila posti nei prossimi anni (anche se poi di fronte alla reazione politico-sindacale ha smentito). Mentre Areva, la società  che progetta e costruisce le centrali, ha già  da tempo riconvertito parte del suo business ed è diventata una dei leader in Europa per la realizzazione di impianti eolici. Riduzione degli utili anche per l’altro colosso francese, Gdf-Suez, che nel primo semestre dell’anno sono calati del 23%: in questo caso, per mantenere un livello adeguato di remunerazione dei soci ha provveduto a vendere alcuni gioielli di famiglia: il 30 per cento della sua divisione Esplorazioni & Produzione è andata al colosso cinese Cic per 2,3 miliardi. Anche l’Italia non è immune dalla crisi che sta colpendo i concorrenti al di là  delle Alpi. Il caso più clamoroso è quello di Edison che andrà  a chiudere il secondo bilancio consecutivo in rosso. Il crollo della domanda di energia da parte dell’industria (meno 33 per cento rispetto al periodo pre-crisi), ha abbattuto i margini sulla vendita di gas. E come se non bastasse, una delle manovre del governo Berlusconi ha reintrodotto la Robin Hood Tax sulle utility, rinnovabili e società  delle reti comprese. L’esborso maggiore, ovviamente, è a carico di Enel: l’ex monopolista dovrà  versare allo Stato 400 milioni più del previsto. In questo caso nessun taglio di personale, ma l’uscita sarà  coperta da minori investimenti e una cedola che, dal 2012, potrebbe essere ridotta.

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