In piazza in tutta Italia la protesta dei dipendenti pubblici: sanità , scuola e amministrazioni
Il secondo round dello sciopero generale unitario. Dopo quello di tre ore del 12 dicembre per il settore privato, oggi tocca ai dipendenti pubblici. Le regole sul preavviso hanno costretto Cgil, Cisl, Uil e Ugl a differire le proteste di una settimana.
Per gli statali, la protesta sarà di otto ore mentre per tutta la giornata si fermeranno i lavoratori dell’università e della ricerca. Gli insegnanti, oltre ai confederali si sono unite alla protesta anche lo Snals e la Gilda, incroceranno le braccia per un’ora (nelle scuole statali, un’ora al termine delle lezioni o del servizio e per il personale docente con turno pomeridiano, alla prima o ultima ora di lezione; Scuola non statale e formazione professionale, un’ora al termine delle lezioni o del servizio).
Sempre oggi è previsto uno sciopero unitario dei lavoratori delle Poste italiane per le ultime tre ore; stop anche dei lavoratori elettrici che garantiscono comunque le prestazioni indispensabili. Manifestazioni si terranno in tutte le città davanti alle Prefetture e nelle piazze principali. A piazza Montecitorio davanti alla Camera si terrà un presidio nazionale a cui prenderanno parte i segretari del settore pubblico Rossana Dettori (Fp Cgil), Giovanni Faverin (Cisl Fp), Giovanni Torluccio (Uil Fpl) e Benedetto Attili (Uil Pa) e i leader confederali Susanna Camusso, Raffaele Bonanni, Luigi Angeletti e Giovanni Centrella dalle 9,30.
LE RICHIESTE DEI SINDACATI
Al centro della mobilitazione unitaria, fanno sapere i sindacati in una nota congiunta, oltre ai temi generali di equità sulla manovra («la richiesta di modificare il testo durante l’iter parlamentare al
fine di ottenere una riforma della previdenza che non sia scaricata sulle spalle di lavoratori e pensionati»), nello specifico delle questioni del settore statale si menzionano «il rinnovo dei contratti, l’eliminazione degli ulteriori tagli alle autonomie locali per difendere il welfare locale e la sanità , una ristrutturazione delle istituzioni centrali e locali che eviti affrettate operazioni mediatiche e ragionieristiche, come nel caso delle province o degli enti previdenziali (vedi super-Inps), finalizzata a garantire la tenuta occupazionale e a migliorare i servizi».
I lavoratori di scuola, università , ricerca, Afam (Alta formazione artistica, musicale e coreutica) e formazione professionale inoltre, specificano i loro sindacati, «non sono disposti a pagare ancora una volta il peso del risanamento e si uniscono allo sciopero degli altri lavoratori del pubblico impiego».
I MEDICI: SCUSATE IL DISAGIO
I medici, dipendenti pubblici e della medicina generale, parteciperanno allo sciopero per l’intero turno di lavoro, insieme agli infermieri e a tutti gli operatori della sanità . Potranno saltare le attività programmate come gli interventi, le visite e gli esami diagnostici negli ospedali e nei presidi territoriali delle Asl, ma saranno garantite le urgenze. Potranno essere rinviate le attività cliniche e diagnostiche programmate.
Massimo Cozza (Fp-Cgil Medici), Biagio Papotto (Cisl-Medici) e Armando Masucci (Uil-Fpl Medici) si scusano per «i disagi che potranno essere recati ai cittadini ma ritengono fondamentale una manovra più equa e che investa nel servizio pubblico come volano di crescita. Ancora una volta, invece, si vuole fare cassa costringendo ai lavori forzati notturni migliaia di medici anziani, con 66 anni ed oltre, con turni sempre più logoranti e pesanti per il blocco del turno over, a discapito della qualità dell’assistenza per i cittadini. Nessun intervento prosegue la nota a favore di migliaia di giovani medici e precari che vedranno invece sempre più lontano l’ingresso nel mondo del lavoro», «la pesantezza di questa manovra si aggiunge a quelle precedenti, al congelamento del contratto e delle retribuzioni, al blocco del turn over, al dimezzamento delle risorse per i precari e per la formazione, al differimento di due anni del Tfr e alla sua diluizione in altri tre, al contributo di solidarietà sopra i 90mila euro solo per chi lavora nel servizio pubblico, ai trasferimenti obbligatori in ambito regionali, alle revoche arbitrarie degli incarichi».
I medici, denunciano Cgil, Cisl e Uil, «saranno costretti ad andare in pensione più tardi e con importi più bassi, con l’allungamento dei requisiti anagrafici per il riconoscimento di lavoro usurante, dovranno versare un ulteriore obolo di circa 250 euro con lo stipendio di gennaio 2012 per l’addizionale irpef regionale. I nati nel 1952 non avranno neanche la possibilità della riduzione dello scalone, a 64 anni invece che a 66, destinato solo a chi lavora nel privato. Rimane infine la scure delle sanzioni disciplinari per il mancato raggiungimento dei crediti formativi e l’obbligo assicurativo personale che invece non scatta per le strutture».
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