La crisi sociale europea: 23,5 milioni senza lavoro

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Va ancora peggio nella zona euro: 16,294 milioni i senza lavoro e un tasso di disoccupazione del 10,3%. E l’Italia? All’incirca nella media: il tasso di disoccupazione è risalito all’8,5%, ma schizza al 29,2% per i giovani. Insomma, uno su tre non lavora. Un dato nettamente superiore a quello (21,4%) dei 17 paesi della zona Ue. Una situazione nera, destinata a peggiorare se saranno confermate le previsioni in base alla quali in tutti paesi europei nel 2012 il Pil rallenterà  e addirittura diminuirà  in alcuni paesi come Grecia e Italia.
L’Europa sempre così attenta alla soluzione dei problemi finanziari e alla stabilità  del sistema bancario e dei conti pubblici appare impotente a risolvere, o quanto meno, alleviare, il disagio sociale determinato da una disoccupazione troppo alta. Di più: la riduzione del numero dei lavoratori sta producendo una progressiva contrazione dei redditi e dei consumi provocando una ulteriore contrazione del Pil. Senza contare che sulla crescita si abbattono anche le manovra correttive destinate a riportare ordine nei conti pubblici nazionali. Ma che ordine può esserci con decine di milioni di persone buttate fuori dal mercato del lavoro?
«Anche l’occupazione è in recessione: lo è da tempo, nonostante fosse stato nascosto dalla propaganda del precedente governo», ha commentato i dati Fulvio Fammoni, segretario confederale della Cgil. Per l’esponente della Cgil «una parte importante dei cassintegrati non rientra al lavoro e transita nella disoccupazione mentre l’occupazione continua a calare, così come cala il numero di ore lavorate e, allo stesso tempo, le retribuzioni. Qui sta il punto fondamentale da affrontare per scongiurare la recessione economica». La conclusione ovvia è che «il vero problema va cercato nel circolo infernale di lavoro che manca, che peggiora di qualità  e di imprese che non producono e quindi creano ulteriore disoccupazione. Un problema che continuerà  ad aggravarsi senza una netta inversione di tendenza e a creare ulteriore depressione».
Secondo Fammoni, poi, «la realtà  richiede tutele straordinarie per il lavoro e interventi per far ripartire la produzione. Misure invece non eque, penalizzanti per il lavoro che da tre anni soffre gli effetti della crisi e che creerebbero ulteriore depressione sarebbero sbagliate e non accettabili. Sono queste le scelte di fondo su cui misurarsi e con cui ogni intervento dovrà  confrontarsi. Si tratta di scelte necessarie per non chiudere imprese e non perdere lavoro».
Tornando ai dati italiani, secondo l’Istat in ottobre gli occupati erano 22,913 milioni anche se i dati – ancora provvisori – non ci dicono quanti di questi sono atipici e precari. Cioè i lavoratori a tempo determinato o part time. L’Istat, poi, conferma che c’è stato una lieve flessione dell’occupazione maschile e un aumento di quella femminile. I senza lavoro sono saliti a 2,134 milioni, 53 (il 2,5%) mila in più in un solo mese. Commenta l’istituto di statistica «l’allargamento dell’area della disoccupazione riguarda esclusivamente gli uomini». Gli inattivi (persone che potrebbero lavorare, ma non lo fanno e non cercano attivamente un lavoro, anche se sarebbero disposte a lavorare) sono poco meno di 15 milioni. Da notare che il tasso di occupazione del 56,9% una percentuale inferiore a quella media europea. Anzi nettamente inferiore per quanto riguarda le donne.
Sempre ieri, l’Ista ha comunicato che in novembre i dati preliminari sull’andamento dei prezzi al consumo mostrano una diminuzione dello 0,1% rispetto al mese di ottobre e un aumento del 3,3% rispetto a novembre 2010 (era +3,4% a ottobre). L’ultima variazione congiunturale negativa risaliva a settembre 2010 (-0,2%). L’inflazione acquisita per il 2011 si stabilizza al 2,7%. Nell’euro zona, secondo la stima flash diffusa da Eurostat, il tasso di inflazione in novembre è rimasto stabile al 3%, confermando, così, il livello di ottobre.


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