La libera voce di Cassandra

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Ho qui attorno, accanto a me, i libri di Christa Wolf, come tanti mondi aperti, una scommessa ogni volta nuova e con un filo che li lega. Certamente il più discusso nel pensiero femminile è stato in Italia Cassandra perché poneva al centro la scelta di sottrarsi alla società  con le sue dure regole maschili alle quali molte donne si erano sottomesse, e di seguire una terza via, quella del vivere tra donne alla ricerca di una diversa comunità . Nel racconto, infatti, sono le donne che decidono di andare a stare nelle caverne vicino allo Scamandro, poco lontano da Troia, desiderando semplicemente vivere, estranee all’uccidere e farsi uccidere.
Nelle pieghe di un’amicizia
Quando leggemmo questo romanzo, Christa Wolf sembrava stranamente un po’ in ritardo rispetto al fatto che buona parte del femminismo stava ripensando il separatismo, e suggeriva che la politica delle donne aveva bisogno di mettere al centro lo scambio con quegli uomini che volevano sottrarsi ai codici dominanti.
Invece allora venne discusso meno – si era alla metà  degli anni Ottanta – quello che è essenziale di questo romanzo, e cioè la capacità  visionaria di Cassandra, che vede la realtà  oltre i fatti. Una forza del vedere il vero che una donna ha a causa del legame che mantiene con quella dimensione inconoscibile e impersonale che la accomuna genealogicamente ad altre donne.
Far conoscere ciò che non è stato ancora visto, questo era il compito che Christa Wolf attribuiva alla scrittura, e dunque a se stessa. Un compito che la scrittrice ritrovava in quella che era per lei una maestra, Ingeborg Bachmann, come leggiamo in Pini e sabbia del Brandeburgo. Il fatto è, in sostanza, che ci sono dei buchi nel tempo e da lì, da questi buchi, possiamo vedere.
Il suo libro più amato è stato sicuramente Riflessioni su Christa T. Non si tratta soltanto di un esercizio di scrittura in cui i punti più incandescenti di un’epoca – la Germania dell’Est all’inizio del disincanto – vengono seguiti nelle pieghe dell’amicizia tra due ragazzine. È molto di più di questo. È un racconto emozionante del senso di libertà  che una donna può cogliere nei gesti di un’altra «come se li avesse sempre visti». È il sogno di una cosa che le appartiene e che vede realizzarsi nell’amica. È da sempre suo, quel sogno, ma è l’altra che lo incarna. Prima non ne sapeva, ma quando lo vede in lei, lo riconosce.
La narratrice ha bisogno di dare figura a quelle tappe di una libertà , che l’ha toccata intimamente, e lo fa parlando dell’altra e di sé. È il modo per far esistere quella libertà  in un mondo – il mondo della Germania dell’Est – privo di fantasia e popolato di «uomini dei fatti», che sacrificano il sentire. Più che un libro sulle tensioni e le trasformazioni di un paese che non riusciva a realizzare il socialismo e che cadeva nell’infelicità  collettiva, Riflessioni su Christa T è stato letto da molte come il libro di un sogno di libertà , che nasce in una relazione, e che è creato dalla scrittura narrante, che può riuscire a far essere l’invisibile, dandogli consistenza.
Quel passato nel presente
Christa Wolf, introducendo e commentando le lettere e le prose di Karoline von Gà¼nderrode e la sua generazione in L’ombra di un sogno, non fa che introdurre e commentare in filigrana la propria generazione di amiche e amici – stranieri in patria, consapevoli, di appartenere a una generazione a rischio nel giudizio della storia. Ed è proprio la storia che viene qui al centro della riflessione, come in Trame d’infanzia. La «ruota della storia», che trascina anima e corpo nel suo movimento e che fa percepire desideri, speranze, fallimenti, in un’epoca di trapasso. Lo sguardo che Christa Wolf rivolge alla Gà¼nderrode è quella di un coinvolgimento per affinità  e vicinanza. La lega lo stesso sguardo lucido, la stessa capacità  di riflettere dall’interno stesso di un movimento segnato dalla mancanza di modelli. Esperienza di fragilità , esposizione e sperimentazione, che la Gà¼nderrode vive nel periodo napoleonico in Germania e che la Wolf vive nel proprio tempo. Il passato è nel presente, sembra dire questo confronto, ma anche una donna guarda alla vita di un’altra affascinata dalla vicinanza.
Sotterranee affinità 
È un filo conduttore dei testi di Christa Wolf questo confronto, per sotterranee affinità , tra due donne. Era convinta che non l’emancipazione, ma questo instancabile domandarsi, farsi domande, ascoltando l’altra, permettesse di sottrarsi alle orme seguite dagli uomini, senza per questo proporre un modello certo e definito di femminilità .
Dopo la caduta del muro di Berlino la scrittura di Christa Wolf è cambiata, ha cercato altre necessità , non più legate alla situazione politica del suo paese. In diverse conferenze pubbliche ha molto riflettuto sulle linee che tracciano il nuovo cuore dell’Europa.

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SCAFFALI

Titoli di una vita

I primi libri tradotti di Christa Wolf srisalgono agli inizi degli anni Settanta, a partire da «Il cielo diviso» (solo da pochi anni è stato riproposto al pubblico dalla casa editrice e/o). A seguire ci sono stati «Riflessioni su Christa T.». La casa editrice La tartaruga ha pubblicato un suo saggio dedicato al racconto «La gita delle ragazze morte» della amata scrittrice tedesca Anna Seghers e «L’ombra di un sogno: prose, poesie, lettere di Karoline von Gunderrode». Ma la casa editrice che ha pubblicato quasi tutte le sue opere è stata e/o. Tra i molti romanzi, racconti, dialoghi vanno ricordati: «Trama d’infanzia», «Recita estiva», «Nessun luogo. Nessuna parte», «Sotto i tigli», «Pini e sabbia del Brandeburgo», «Medea», «L’altra Medea», «Nel cuore dell’Europa», «Cassandra», «Premesse a Cassandra», «In carne e ossa», «Guasto», «Congedo dai fantasmi», «Con uno sguardo diverso», «Un giorno all’anno» e «La città  degli angeli».


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