La Terra è in crisi. Chi lo sa?
Eppure l’ambiente naturale «è il contesto di ogni altra cosa: della vita, degli affari e della politica» (Fritjof Capra) e mantenere il suo equilibrio è un’azione preliminare di ogni altra attività . Ma i politici non hanno una preparazione ecologica adeguata e gli economisti manifestano l’ottusità attribuita da Gregory Bateson all’uomo economico: processi mentali solo quantitativi e preferenze transitorie. Una mentalità riduzionista nata da una cultura urbana che ha sancito la separazione dalla natura anima banchieri, finanzieri, economisti e grandi imprenditori, i “dinosauri” dell’antropocene, così il premio Nobel per la chimica Paul Crutzen ha ribattezzato l’era geologica attuale, un periodo in cui l’impatto dell’umanità sul pianeta, cresciuto in misura esponenziale dalla Rivoluzione industriale, ha provocato cambiamenti drastici nei cicli dell’acqua e del carbonio, provocando il mutare del clima. Oltre i giganteschi interessi materiali e l’avidità senza limiti, c’è in questa oligarchia globale una vera incomprensione dei principi organizzativi degli ecosistemi che sostengono la vita, una ignoranza profonda di quanto la nostra sopravvivenza sia legata al mondo naturale, all’acqua, alle catene alimentari, alla fertilità del suolo, al clima. Ma la percezione sta mutando.Si sta formando un’altra idea di natura, non inerte ma organismo vivo e interconnesso entro cui noi viviamo e da cui siamo dipendenti. Importante è stata l’immagine della Terra vista dalle navicelle spaziali. Vederla nella sua interezza, sospesa nello spazio, sta cambiando la visione frammentata che ne avevamo. «La Terra non è mai stata considerata nel suo insieme finchè i cosmonauti non l’hanno osservata per noi dall’esterno…» (Lynn Margulis). Ha cambiato per certo quella dei cosmonauti, folgorati dalla bellezza e dalla fragilità del nostro pianeta, unica casa dell’umanità . Yuri Gagarin, il primo astronauta, fece un appello a rispettarla, racconta la nipote, a conservarla con cura, a non distruggerla. Se la Terra è la nostra casa, ne dobbiamo avere cura. Imparare dagli uccelli, che non sporcano il nido. Muta dunque la sensibilità in milioni di persone ed è intenso il lavoro svolto da scienziati, artisti e filosofi per ridefinire il nostro posto in questa realtà complessa, di cui conosciamo solo in parte il modo di funzionare. James Lovelock, è lo scienziato più noto. Dalla fine degli anni Sessanta ha lavorato sull’Ipotesi Gaia, accettata nel 2001 da un consesso scientifico qualificato con la Dichiarazione di Amsterdam: «Il sistema Terra si comporta come un singolo sistema capace di autoregolazione costituito da componenti fisiche, chimiche, biologiche e umane». Secondo Lovelock e Margulis il sottile guscio sferico di materia che circonda la parte interna incandescente ha mantenuto il nostro pianeta in condizioni propizie alla vita per tre miliardi di anni. Salvaguardarlo è indispensabile per la nostra sopravvivenza. E per farlo è importante percepire la Terra come Gaia, un organismo vivente.
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Al voto, nonostante tutto
È dal 1995 che i referendum non raggiungono il quorum: fino ad allora votare era considerato un dovere, si trattasse di elezioni politiche, amministrative, europee. Oppure, appunto, di referendum. D’altronde, le organizzazioni hanno perduto capacità di mobilitare. Mentre il radicamento sociale dei partiti è debole.
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