«Rivoglio Indietro i Contributi Versati in 38 Anni»

by Sergio Segio | 6 Dicembre 2011 7:52

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Io credo che questa sia pura demagogia. Il progresso ci ha portato uno stile di vita migliore e non possiamo credere che la contrazione dei consumi porti benefici, semmai danneggerebbe le imprese. Ogni volta che si prepara una manovra, i governi parlano di misure per la crescita (vera malattia nazionale). Ma per crescere bisogna piuttosto allentare la cinghia della pressione fiscale, diventata proibitiva per tutte le categorie sociali. Il pagamento delle tasse non può essere discrezionale e l’unico modo per abbassarle è far sì che tutti le paghino.
Armando Braiotta
DESTINATA A SCOMPARIRE
La soglia dei 40 anni
Sono docente universitario in pensione, nella facoltà  di Ingegneria dell’Università  di Pisa, e ho svolto i miei compiti fino all’ultimo giorno di servizio attivo, 31 ottobre 2003, data nella quale sono stato collocato in pensione, all’età  di 76 anni, e dopo circa 50 anni di contributi. La storia ci dice che l’uomo ha sempre avuto un concetto del lavoro diverso dai «40 anni», continuando senza limiti definiti a lavorare e sinché si poteva e si riteneva di poterlo svolgere. Invece questa battaglia mi pare contraria allo spirito che si dovrebbe porre in qualunque tipo di lavoro, mirando sempre a farlo bene, con interesse, migliorandolo fino a raggiungere livelli superiori. Oltretutto, forse nella mia visione personale e parziale della questione, mi sfugge cosa vorrebbero fare in modo permanente tutti questi «giovani» pensionati. Finire davanti al televisore? D’altronde il ritmo di lavoro degli anni 2000, escludendo i lavori veramente usuranti, non è più tale da non consentire ferie o momenti di riposo per tutti. E nella fase di maggiore anzianità  si potrebbe eventualmente ridurre il livello di impegno, come molte proposte di esperti dimostrano. Credo vivamente che questi concetti dei 40-43 anni di contributi, e dei 63-66 per l’abbandono del lavoro siano veramente già  superati, e che presto si sposterà  l’«asticella» in avanti lasciando facoltà  a ciascuno di poter operare a sua scelta.
Luca Sanpaolesi
DA UN DICIOTTENNE
Delusioni e speranze
Sono un ragazzo di 18 anni. Complimentandomi con il governo per la sua capacita di calarsi velocemente in una situazione così catastrofica, non posso però fare a meno di esporre alcune preoccupazioni. Mi sarebbe piaciuto, e mi avrebbe confortato, constatare la presenza di due particolari punti all’interno della manovra governativa. Il primo: tagli netti ai costi della politica. Il secondo: lotta dura e costante all’evasione fiscale. Purtroppo sono rimasto deluso. Sperando in un futuro, quanto più prossimo possibile, impegno del governo in questi due ambiti, rimango fortemente convinto della bontà  del piano politico del premier Monti.
Giovanni Reggiori
CON ANZIANI A CARICO
La scelta delle donne
Con la riforma delle pensioni le donne con anziani a carico avranno un costo in più. Le lavoratrici che aspettavano i 60 anni per accudire un famigliare anziano o disabile adesso dovranno aspettare altri 2 anni. La scelta: lasciare il lavoro rinunciando alla pensione oppure pagare una badante? È vero che nel resto d’Europa l’età  pensionabile è altrettanto alta ma i servizi a sostegno delle famiglie sono ben altra cosa.
Carla, Torino
FORSE VANIFICATI
Gli anni di laurea
La riforma delle pensioni con un artificio matematico/giuridico è riuscita ad annullare i periodi (profumatamente pagati) del riscatto di laurea. La mia esperienza: sono un dirigente del settore privato classe ’53, 15 mesi da militare, laurea in Giurisprudenza, inizio lavoro nel ’78. Quindi con diritto a una pensione calcolata con il sistema retributivo al raggiungimento dei 40 anni di contributi nel 2013. Tralascio la rincorsa all’anzianità  negata dagli «scaloni», dalla finestra mobile che ha richiesto i 41, dall’aspettativa di vita che ne richiede 41 e 3 mesi, dalla attuale riforma che ne richiede 42 e forse 6 mesi. Se tutto ciò non bastasse al raggiungimento dei fatidici 42 nel 2015, a 62 anni di età , se volessi andare in pensione sarei penalizzato del 2% per ogni anno mancante ai 66, quindi una riduzione dell’8% non capisco ancora bene rispetto a cosa. Non mi soffermo su considerazioni di stress da lavoro, ricambi generazionali ecc, ma il Parlamento non aveva fatto marcia indietro sull’annullare i periodi di riscatto laurea già  pagati ai fini dell’anzianità ?
Sergio Ceci
PROGETTO SFUMATO
I contributi volontari
Ho 57 anni, ho perso il posto di lavoro e speravo di poter raggiungere i 40 anni di contributi e l’agognata pensione pagando due anni di contributi volontari (50 mila euro annui!). Adesso il mio progetto sfuma perché pagare 4 anni di volontaria significa 200 mila euro. E chi ce li ha? La riforma non doveva toccare almeno i 40 anni per andare in pensione. Avrei una proposta. Che mi restituiscano tutti i contributi che ho versato in 38 anni di onorato servizio. Non ho fatto il calcolo, ma sono un sacco di soldi.
Dario Distefano
PAGARE L’IMU
Le «seconde» case
Mi rendo conto della necessità  dei sacrifici che ci sono imposti non tanto dal governo Monti quanto dai dissennati governi precedenti. Sono perfino d’accordo sull’introduzione dell’Imu anche per la prima casa, con le opportune modulazioni. Per quanto riguarda le seconde case ho però due ordini di perplessità . Intanto è prassi estremamente diffusa trasformare la seconda casa in prima trasferendovi la residenza di mogli o figli pur continuando ad avere la prima casa come abitazione principale per tutti. La seconda è l’elasticità  del più o meno tre per mille lasciata ai sindaci: essendo i titolari di seconde case per lo più non residenti in quel Comune e quindi non votanti, che remore avrebbero i sindaci per non applicare l’Imu alla massima aliquota possibile?
Claudio Mostacci
PER LA CRESCITA
Le misure mancate
La manovra Monti suscita una penosa sensazione di impotenza. Dove sono le misure per la crescita? E i tagli alle spese inutili? Alle consulenze? Alle auto ministeriali? Si sta ripetendo il film già  visto negli ultimi venti anni: non si osa toccare le spese clientelari, né sradicare l’abitudine all’evasione, né rimuovere gli incentivi che erodono la base imponibile. Il guaio è che se non si fanno queste cose, non si può risanare il bilancio pubblico. Se si vuole fermare la crescita del livello dell’acqua in una vasca, bisogna chiudere il rubinetto e sturare lo scarico. In questa metafora, il livello dell’acqua è il debito e il rubinetto e lo scarico otturato sono la spesa clientelare e l’evasione/erosione fiscale. Se non si possono fare queste due cose, ogni altra cosa è inutile, perché offre un sollievo temporaneo come la patrimoniale, o perfino dannosa perché strangola la crescita.
Marco Di Marco

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