Migliaia in piazza contro il razzismo

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FIRENZE — Uomini grandi come baobab fissano smarriti l’angolo della strada dove martedì scorso i loro fratelli neri Mor Diop e Modou Samb sono morti ammazzati dal killer di Cireglio. Piazza Dalmazia, si riparte da qui. La piazza del mercatino simbolo del martirio. Un bimbo italiano, sorretto da sua madre, è avvolto in una bandiera del Senegal che al centro ha un giglio al posto della stella. Paura, speranza e voglia di dignità . Il nuovo mostro di Firenze si chiama razzismo, tutti ora dichiarano di volerlo combattere. «Mille colori, zero distinzioni», recita uno striscione. Sabato di sole, dopo tanta pioggia. Sergio Staino, illustre fumettista, l’inventore di Bobo, è nato da queste parti ed è voluto venire anche lui a vedere la marcia silenziosa degli immigrati e dei fiorentini, che sfilano con i cani e le biciclette al seguito: «Avverto segnali incoraggianti — dice Staino — Insieme abbiamo respinto la possibilità  di un Ku Klux Klan». C’è pure Adriano Sofri, lo scrittore, ex leader di Lotta continua, che osserva in disparte. Uno spettacolo imponente: 40 mila persone secondo la Cgil, 18-20 mila per la questura.
Nelle stesse ore si manifesta anche a Napoli, Torino, Verona e Milano. Qui una parte del corteo prende di mira polizia e carabinieri al grido di «razzisti» e «assassini».
Intanto a Firenze, da piazza Dalmazia a piazza Santa Maria Novella avanza l’orgoglio nero contro la violenza: ragazzi con le foto di Mandela, di Jerry Masslo (sudafricano massacrato a Villa Literno nell’89), di Babou Cheick e Ndiaj Malik (altri due senegalesi trucidati da quelli della Uno Bianca a Rimini nel ’91). Ogni foto gronda sofferenza e i giovani manifestanti sotto il ponte della ferrovia cantano a bassa voce inni ad Allah ed antiche nenie funebri con i familiari delle vittime. Da Roma sono arrivati il segretario dei Democratici Pier Luigi Bersani, il presidente del Pd Rosi Bindi, il leader di Sel Nichi Vendola, Paolo Ferrero di Rifondazione e Maurizio Landini della Fiom. Ci sono poi il sindaco di Firenze Matteo Renzi e il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, che lancia l’allarme: «Sentiamo in giro un clima di apatia…». Ci sono tante bandiere di partito, sindacati, mille gonfaloni, e infatti i senegalesi di Firenze all’inizio si mostrano diffidenti, hanno paura di finire strumentalizzati. Ma poi pian piano questo timore svanisce e il corteo si fa coeso, bello, rumoroso e soprattutto pacifico fino alla fine, niente infiltrati («Il vero Black bloc siamo noi», scherza una ragazza di colore), fino all’ingresso in piazza Santa Maria Novella. 
All’ombra della basilica cristiana si leva la preghiera musulmana per i defunti. Senegalesi da Udine, Bologna, Forlì, Cesena, Brescia, Bergamo, Lodi, perfino dalla Francia. Una moltitudine. Due blindati sbarrano via Panzani sotto all’hotel Baglioni. Polizia con i caschi e gli scudi levati. La questura ha deciso che di lì però non si passa: troppo strette le strade del salotto di Firenze. Un gruppo d’immigrati allora protesta, vorrebbe raggiungere almeno il mercatino di San Lorenzo, dove martedì scorso il massacro di Gianluca Casseri continuò. Ma la tensione dura solo qualche attimo, il servizio d’ordine dei senegalesi infatti è efficacissimo, composto com’è da connazionali che fanno i buttafuori nelle discoteche del circondario.
Il presidente del Senegal, Abdoulaye Wade, l’altro giorno ha scritto a Giorgio Napolitano: «Abbiamo il diritto di conoscere la verità ». Tutto il Paese è mobilitato. Aissatou Tall Sall, oggi all’opposizione, portavoce del partito socialista, è arrivata apposta da Dakar ricevuta dal console onorario Eraldo Stefani. Donna affascinante, vestita in lungo come una principessa, marcia anche lei malgrado i tacchi alti: «Dei senegalesi ci hanno raccontato che un italiano al mercato li aveva già  minacciati tempo fa — rivela —. Per questo ora abbiamo costituito un pool di avvocati che seguirà  il caso fino alla fine, per garantire giustizia e risarcimenti alle famiglie. Martedì saranno rimpatriate le salme, la nostra comunità  si costituirà  parte civile».


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