Nemmeno la diga dell’oro tiene, sotto i 1.600 dollari

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Con un pesante calo — ieri — di oltre il 5%, all’incirca 100 dollari in meno. Adesso, calcolatrice e calendario alla mano, sembra che l’oro abbia bruciato una buona parte dei «dividendi» della crisi del debito, quantomeno di quella italiana, che ha iniziato a colpire duro proprio lo scorso luglio. Da allora, per diverse settimane, la fuga dal rischio verso gli asset più sicuri ha messo le ali al metallo giallo, ma adesso anche quest’ultimo deve dire agli investitori più «arrivederci» che «benvenuti». Gli operatori parlano di movimenti in uscita dal metallo giallo a favore di acquisti di liquidità . Tanto che a New York i contratti sull’oro sono ormai scambiati al di sotto della media delle ultime 200 sedute, per la prima volta da gennaio 2009. E rispetto ai massimi di settembre il calo è del 17%. Ma chi ha investito in oro nei giorni del picco, non necessariamente oggi ha perso quel 17%. C’è infatti in gioco anche l’effetto cambio: da quei giorni di settembre il dollaro ha guadagnato un buon 7% sull’euro, riducendo la perdita degli europei al 10%. È quindi possibile che gli investitori, che in questi ultimi mesi hanno lasciato l’oro a favore di nuova liquidità , si siano indirizzati proprio sul dollaro. E ora? Difficile fare previsioni, visto che solo pochi mesi fa la cavalcata dell’oro sembrava inarrestabile. Ma se la corsa alla sicurezza comincia a premiare più il biglietto verde del metallo giallo, allora la crisi dell’euro potrebbe trasformarsi sempre di più in un trionfo del dollaro. Ma — ancora una volta — è meglio non fare previsioni. Soprattutto se la politica monetaria ultra-espansiva dell’americana Fed, di fronte a una posizione molto più rigorosa — a torto o a ragione — della Bce di Francoforte, sul lungo periodo potrà  ritorcersi proprio contro lo stesso dollaro.


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Il Tesoro va a caccia dei ricchi fondi asiatici

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