Tanya, la ragazza che sul bus sfida gli ortodossi d’Israele

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La scena si ripete spesso sugli autobus di linea. Urla, insulti, da parte di qualche signore con barba e cappello, poi la donna o scende dal mezzo o si accomoda in fondo al bus. E’ questa la legge imposta dagli ultra-ortodossi sui mezzi pubblici che frequentano, una rigida segregazione sessuale insieme ad altre strette osservanze religiose: gli uomini salgono e scendono dalla porta anteriore, le donne da quella posteriore. Un’imposizione lesiva dell’onore delle donne e in generale di tutti coloro, uomini e donne, che non accettano i codici ultra-ortodossi come regola di vita ma che gli Haredim portano avanti con convinzione anche se una sentenza della Corte Suprema israeliana ha stabilito lo scorso gennaio – dopo anni di polemiche che hanno contrapposto religiosi, scrittori, gruppi di femministe e non solo – che è illegale la segregazione sui mezzi pubblici. Ma con un marchiano compromesso ha stabilito anche che, invece, è possibile “su base volontaria”, cioè se la donna accetta volontariamente di sedersi in fondo al bus. Opporsi non è né semplice né facile. Ma Tanya Rosenbilt l’ha fatto – esattamente come Rosa Parks, la figura-simbolo del movimento per i diritti civili statunitense, che rifiutò nel 1955 di cedere il posto su un autobus ad un bianco – e la ragazza l’ha raccontato sul suo profilo Facebook ricevendo in poche ore migliaia di messaggi di solidarietà , fra cui spicca quello della signora Tzippi Livni, la leader dell’opposizione paladina della “laicità ” della società  civile. 
Gli ebrei ultraortodossi sono i principali fruitori dei mezzi pubblici, riescono ad essere “massa critica” e imporre alle compagnie pubbliche o private il loro diktat. Difficile vedere pubblicità  con protagoniste femminili o di prodotti femminili sui bus, alle fermate, lungo i percorsi. Una compagnia pubblica l’anno scorso voleva offrire mini-schermi nei sedili collegati a internet per ingannare le lunghe percorrenze, ne è nata una polemica con minaccia di boicottaggio se i mezzi fossero entrati in servizio: Internet è «contaminato dal sesso». Imposizioni di vario genere contro cui protesta la popolazione “laica” ma che – specie dove la presenza ultraortodossa è significativa – si sta facendo largo, il peso della religione nella società  civile è diventato molto significativo e in alcuni casi estremo. Già  da tempo si segnalano inoltre sistematici atti di vandalismo da parte degli ultra-ortodossi contro cartelloni e immagini per le strade, che ritraggono donne. Gli Haredim stanno anche cercando di far passare la separazione tra uomini e donne nei ranghi dell’esercito. Anche negli ospedali pubblici ci sono casi di entrate e sale d’attesa separate per sesso. Tutto ciò desta preoccupazione nel futuro soprattutto nella componente laica della società  israeliana, anche perché gli ultraortodossi – secondo le proiezioni del Central Bureau of Statistics di Israele – sono in forte crescita demografica. 
La Rosa Parks d’Israele in questo 2011 è una ragazza di 28 anni, tranquilla, serena, per nulla scossa dalla disavventura. Non è la prima donna che si oppone alla segregazione sessuale sui mezzi pubblici, ma è la Prima che ha vinto la battaglia: il pullman è ripartito e i contestatori sono scesi. Lo scorso venerdì mattina è salita sul bus 451 a Ashdod – una delle città  costiere d’Israele – diretta a Gerusalemme. Ma dopo poche fermate sono saliti due passeggeri ultraortodossi che non appena l’hanno vista seduta sui sedili anteriori hanno cominciato a inveire, urlando a “quella” di spostarsi sul fondo del bus, bloccando la porta del mezzo pubblico. La scena è andata avanti per circa mezzora e quando gli altri passeggeri hanno cominciato a lamentarsi per il ritardo, l’autista ha chiamato la polizia. Tanya ignorando gli epiteti che le fioccavano addosso, ha resistito a tutti i tentativi di costringerla a passare nella parte posteriore, oppure a scendere a terra, mentre l’autobus veniva minacciosamente circondato da dimostranti ortodossi. Negli ultimi anni gli Haredim sono riusciti ad imporre la segregazione per sessi nei pullman che collegano i loro insediamenti, ma in questo caso si trattava invece di un normale autobus di linea. 
Sul posto è arrivato un poliziotto, che ha prima chiesto a Tanya se voleva «volontariamente» sedersi dietro, ottenutone un diniego l’agente non ha potuto che constatare l’accaduto. Decisivo l’intervento degli altri passeggeri che a quel punto hanno iniziato a protestare e chiedere che il bus ripartisse per la sua destinazione. Con Tanya seduta sui sedili anteriori dell’autobus, mentre i due passeggeri religiosi sono rimasti sul marciapiede a inveire e maledire. In un tiepido mattino di dicembre Tanya, forse senza saperlo, è diventata il simbolo dei diritti delle donne d’Israele.


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