AAA. Politica cercasi

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Norma Rangeri apre i lavori dell’appuntamento partenopeo che ieri ha riunito amministrazioni, associazioni, movimenti, cittadini e tutte le realtà  del territorio intorno alle possibili declinazioni del benecomunismo. Tocca alla direttrice de il manifesto «perché il nostro giornale dà  voce e forma al cambiamento a cominciare dal referendum sull’acqua, su cui abbiamo condotto una battaglia quando erano in pochi a crederci. E poi siamo stati noi a scovare il comma dell’articolo 25, nelle liberalizzazioni di Monti, che avrebbe reso impossibile convertire le Spa in società  speciali di diritto pubblico per gestire i servizi idrici», a partire da Abc Napoli – Acqua bene comune. «Ci siamo battuti e abbiamo ottenuto il ritiro della misura». 
La sala del teatro Politeama, il più grande di Napoli, è gremita già  dalle 11, arrivano anche gli scettici, non si sottraggono al confronto. Nei corridoi i banchetti per le firme per far tornare la Fiom sui luoghi di lavoro ma anche per la petizione popolare per cambiare il Trattato economico europeo. Dalla direttrice del manifesto, due bacchettate: «Come spesso accade, manca una presenza femminile più ampia perché viene disconosciuta l’importanza del contributo delle donne al rinnovamento della politica italiana. Manca l’attenzione all’informazione. I giornali indipendenti, come Liberazione, hanno già  cominciato a chiudere, quando resteranno le multinazionali delle news quale sarà  la qualità  dell’informazione? Anche noi potremmo a breve non esserci più. Vogliamo assistere al funerale o scongiurarlo in nome della stampa Bene comune?».
Appello accolto da Alberto Lucarelli che comincia il suo intervento dalla difesa dei giornali senza padrone ma anche dei No Tav. Un tema, questo, che si rincorre in tutti i tavoli (contemporaneamente, alla stazione i movimenti occupavano in solidarietà  i binari dell’alta velocità ) perché ragionare di nuove forme di democrazia a partire dai Beni comuni è l’esatto opposto del delirio ‘sviluppista’ imposto con la forza. «Quando facevo parte della Commissione Rodotà  – racconta Lucarelli – provammo a fare un elenco dei beni comuni, oggi non lo farei più perché è una categoria dell’essere e non dell’avere e si può declinare all’infinito». Ridefinizione dei parametri intorno a cui organizzare la democrazia attraverso la partecipazione ma, dice l’assessore, anche «strumenti concreti di azione a partire dal locale; rivendicare il diritto alla disobbedienza verso atti dello stato illegittimi e incostituzionali; un patto federativo tra amministrazioni per un modello pubblico e partecipato nella gestione dei servizi». E ancora: «Ci vogliono laboratori permanenti con capacità  deliberativa per uscire dalla morsa della dittatura della delega da un lato e la proprietà  privata dall’altro. Utilizziamo il Trattato di Lisbona per portare in Europa la Carta dei Beni comuni, rigettiamo unanimismo e pratichiamo la contaminazione permanente dei diversi».
La sala si svuota rapidamente perché ci sono i tavoli tematici al Maschio Angioino. Quello sull’Ambiente è talmente partecipato che viene spostato a Palazzo San Giacomo, sede del comune. Tra gli iscritti a parlare Marco Sirotti del centro sociale Tpo di Bologna: «Sono qui per capire cosa fanno Lucarelli e de Magistris. Il sindaco è andato all’inaugurazione dell’anno giudiziario, cioè di quella parte di stato che ha arrestato 30 No Tav, incluso mio fratello. Sono qui per capire se ci possono essere dei punti comuni per uscire a sinistra dalla crisi». Sala gremita anche per welfare e lavoro, a calamitare l’attenzione è la Fiom: Francesca Re David racconta cosa è successo alla Iveco, lavoratori dentro e Landini fuori col megafono. Antonio Di Luca ce l’ha con Ichino: «Parla di catena di montaggio lenta. La verità  è che una Panda viene prodotta in un minuto e cinque secondi, 56 macchine all’ora, senza pause e senza mensa». L’assessore al Welfare, Sergio D’Angelo, è impegnato in una battaglia per impedire il taglio dei fondi: «Siamo sicuri che convenga eliminare i servizi per i cittadini in difficoltà ?». Il patto di stabilità  è l’arma per strangolare il benecomunismo. Dal tavolo sull’economia il titolare partenopeo al Bilancio lancia «la disobbedienza civile contro la legge di stabilità  a patto che lo facciano tutti i comuni». Ribattono i movimenti: «Tra tutti e nessuno, comincino le aree metropolitane».
A portare il suo contributo sui Beni comuni Emiliano Viccaro del centro sociale romano Astra: «Cambiamo ragione d’essere all’esproprio, le amministrazioni lo usino per edifici pubblici vuoti rispondendo alla necessità  della casa». Il gruppo ha riempito del tutto la Sala dei Baroni. L’esperienza del teatro Valle e del Cinema Palazzo è richiamata da Ugo Mattei. E ci sono anche loro. Non erano attesi, ma la democrazia partecipata non prevede limiti


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