Anno nero per l’elefante africano

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La quantità  di zanne d’elefante (cioè di avorio) sequestrate durante il 2011 è la più alta da quando è cominciato un monitoraggio internazionale di questo commercio 23 anni fa. E i sequestri riflettono un drastico aumento del traffico illegale di avorio, confermando un trend già  osservato dal 2007. Sono dati diffusi da Traffic, la rete internazionale che monitora l’applicazione della Convenzione sul commercio di parti di specie viventi protette – è la convenzione Cites, il trattato internazionale che dal 1973 regolamenta, limita o se necessario vieta il commercio di organismi viventi protetti (o loro parti, come appunto le zanne d’elefante). Traffic, è un programma congiunto del Wwf internazionale e dell’Unione mondiale per la conservazione della natura (Iucn), ed è sponsorizzato dai paesi firmatari della Convenzione Cites.
Ricapitoliamo. Nel corso del 2011 le autorità  doganali di numerosi paesi (sia «esportatori» che «importatori») hanno intercettato e sequestrato enormi carichi di zanne di contrabbando: benché le quantità  totali non siano ancora confermate (manca il conteggio dei sequestri minori), è noto che in almeno 13 casi si trattava di carichi superiori agli 800 chili. La stima ancora provvisoria è dunque che nell’anno appena concluso siano state sequestrate in totale 23 tonnellate di zanne. Per fare il paragone, nel 2010 si registrarono 6 grandi sequestri per poco meno di 10 tonnellate in totale. 
Le circa 23 tonnellate sequestrate nel 2011, secondo gli esperti, rappresentano probabilmente 2.500 elefanti, forse anche di più. «E’ stato davvero un anno orribile per gli elefanti africani», commentava giorni fa Tom Milliken, esperto di elefanti per Traffic. 
Il caso più recente è stato il sequestro di 727 pezzi d’avorio nascosti in un container nel porto di Mombasa, Kenya, e diretti in Asia. Ma gli esperti di Traffic temono che le quantità  sequestrate siano solo una parte di quelle che prendono il largo. Negli ultimi 12 mesi la maggior parte dei sequestri di avorio erano carichi partiti o in partenza dai porti di Kenya e Tanzania, dice ancora Traffic – mentre i porti d’arrivo sono per lo più in Asia.
Il punto è che il contrabbando di avorio è ormai un business su larga scala e ben organizzato, che coinvolge documenti falsificati, corruzione di funzionari e dogane, e spesso è legato ad altri aspetti del crimine organizzato come il traffico d’armi e il riciclaggio di denaro. «La quantità  sempre più elevata di avorio contrabbandata nel 2011 riflette sia l’aumento della domanda in Asia, sia la crescente sofisticazione delle gang criminali che stanno dietro il traffico. La gran parte dei carichi illegali di avorio africano vanno a finire in Cina o in Thailandia», spiegava Milliken. «L’unico denominatore comune del traffico è che l’avorio parte dall’Africa e arriva in Asia, ma le vie cambiano di continuo, probabilmente a seconda di dove i contrabbandieri pensano di avere più chances di eludere i controlli». Di quei 13 mega-sequestri ad esempio sei sono avvenuti in Malaysia, paese che conferma il suo ruolo di punto di passaggio del traffico (in un caso ad esempio il carico illegale era diretto in Cambogia). Spesso, una volta arrivati in porti asiatici, la documentazione di viaggio viene cambiata in modo da farli sembrare carichi originati in Asia stessa, per far perdere le tracce. 
L’esperto di Traffic fa notare infine che la gran parte dei sequestri si conclude senza arresti: i trafficanti restano intoccabili. D’altra parte, un carico che va a segno ripaga ampiamente quelli che non arrivano a destinazione: i sequestrati diventano così un semplice costo aggiuntivo nel conto di un business assai redditizio. Poveri elefanti.


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