Artisti per salvare Murano L’isola del vetro ferita dal low cost

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Murano laboratorio contemporaneo di cultura artistica: può essere l’idea giusta da cui partire per dare un futuro all’isola della laguna veneziana che per secoli ha vantato il primato mondiale nell’arte di soffiare il vetro? 
L’attività  continua ancora ma a scartamento così ridotto che, se non si corre ai ripari, il rischio è la morte per consunzione. Le cifre parlano chiaro: 6.000 addetti nel 1990, precipitati a 2000 nel 2001. Oggi siamo sotto il migliaio. Lo scorso dicembre, in occasione di uno sciopero proclamato dalla Filctem Cgil, hanno aderito 70 operai su 100. La radiografia della crisi indica che le vendite sono in calo costante. Tendenza contraddetta soltanto da qualche attività  innovativa. Da anni, inoltre, si fanno i conti con il fenomeno della contraffazione. I cinesi, infatti, hanno imparato a lavorare il vetro, complici i veneziani, allettati dai bassi costi. In sostanza, molti negozi di Murano si riforniscono a Oriente e, poi, svendono il prodotto, svalutandolo. «Alcune operazioni contro i contraffattori sono state efficaci — osserva Diego Ferro, presidente di Confindustria Venezia, per la sezione del vetro —. Ma ci vuole incisività , comminando sanzioni esemplari. Di più: artigiani e imprenditori debbono stare uniti, fare rete, difendere il marchio». 
Se i mercati vacillano, per salvare la produzione e l’immagine bisogna puntare sulla qualità : meno pezzi, ma di pregio. Ferro racconta del coinvolgimento di artisti internazionali come nuova fonte di rivitalizzazione. Così, l’isola potrebbe diventare vetrina mondiale. La sua azienda — spiega — ha già  prodotto alcune opere su disegno e commissione di artisti americani e cinesi, poi esposte in importanti gallerie. Forse è un sogno: Murano, laboratorio contemporaneo di cultura artistica. Attraverso progetti seri, credibili. «Sono d’accordo — afferma Giorgio Orsoni, sindaco di Venezia, ricordando un’iniziativa da lui promossa, una decina di anni fa, quand’era assessore —. Su richiesta del governo di Danimarca, il comune cedette un’ala di un edificio in disuso, individuato sull’isola di San Michele, di fronte a Murano. I danesi si occuparono dei restauri e lì furono accolti gli artisti di quel Paese. Qualche cosa di analogo può essere recepito nel nostro progetto (ospitalità  per artisti e studiosi del vetro), finalizzato alla rinascita complessiva dell’isola». 
Perplessità  del sindaco, invece, sull’ipotesi di invocare la tutela Unesco per salvare le vetrerie di Murano: «Più che una buona idea questa mi sembra demagogia — dice Orsoni —. Mi rendo conto che il settore va sostenuto, per farlo uscire dalla crisi che si aggrava progressivamente. Ma le proposte devono avere un senso. Tra l’altro, Venezia è già  Patrimonio dell’umanità ». Orsoni ha ragione, anche se l’invocazione dell’ombrello Unesco per Murano, come patrimonio artistico/culturale da proteggere, arriva dal sindacato (nella fattispecie la Cisl, scrive il Sole 24 Ore di ieri), che lancia l’allarme sempre più forte, cercando una soluzione ai problemi, endemici, della storica isola della Laguna. 
Il piano della giunta Orsoni, presentato qualche mese fa, mette al centro, ovviamente, l’attività  del vetro e il rilancio del Marchio Murano, introdotto dalla Regione nel 1966. «Al valore del marchio i vetrai non hanno mai creduto fino in fondo — avverte il sindaco —. Inoltre, dovrebbero consorziarsi seriamente per abbattere i costi». Troppo elevati: per smaltire i rifiuti (speciali), per l’approvvigionamento del gas, per i trasporti. «Il comune farà  la sua parte», promette. Così come è stata individuata una zona di «espansione produttiva», attrezzata: a Murano e non a Porto Marghera, secondo la proposta provocatoria, fatta qualche tempo fa. «I capannoni in terraferma sarebbero più funzionali, ma verrebbe penalizzata la denominazione», nota Orsoni, chiamando in causa il nodo cruciale delle comunicazioni. Risolvibile alla radice con un altro progetto: la metropolitana sublagunare, sul cui tracciato c’è Murano. La rinascita dell’isola del vetro, infine, passa attraverso lo sviluppo dell’edilizia residenziale. «Case per gli abitanti (in fuga) e qualche albergo», annuncia il primo cittadino. Ma c’è chi teme un’altra piccola Disneyland nella Venezia già  assaltata dai turisti. 


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