Banca centrale libera, dissidenti graziati l’Ungheria stremata si finge democratica

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BUDAPEST – Il traffico, di solito caotico e allegro, qui nella splendida metropoli, è ridotto al minimo. Sui maestosi boulevard gli ingorghi sono un ricordo, in certe ore è quasi quiete stradale nordcoreana. La benzina costa troppo, tutto costa troppo. L’indice della Borsa, che prima del 1989 fu la prima ad operare timidamente nell’allora Impero del Male, cade ogni giorno. Crolla il fiorino, volano alla greca interessi sui titoli sovrani, spread e credit default swaps. Crisi di nervi, e caos totale, ai vertici del regime: pochi giorni dopo la manifestazione di lunedì sera per la democrazia, il potere sembra pronto a piegarsi, almeno in parte, alle critiche del mondo. «Con la nuova legge la Banca centrale resterà  indipendente», ha scritto il governo a Draghi e Barroso. «Vogliamo l’accordo al più presto con il Fondo monetario, se necessario siamo pronti a cambiare la legge sulla Banca», ha detto come implorando clemenza il capo negoziatore Tamas Fellegi. Ma Fmi e Europa sembrano non fidarsi. Tira quasi aria da giorni contati: gli strappi del premier Viktor Orbà n diventano crisi totale del paese. Banche europee già  elaborano scenari catastrofici di default ungherese, se i 15-20 miliardi Fmi non verranno. Orbà n lo spavaldo rischia di cadere oggi come non mai. Basta percorrere i Koerut, i bei viali dell’èra austroungarica, la crisi si mostra spietata. “Kiadò”, “eladò”, fittasi, vendesi, è scritto sulle vetrine di sempre più negozi. Sta finendo male, l’Ungheria che era “la migliore baracca del GuLag”, l’isola consumista nell’Impero. Il mondo globale diffida di Orbà n. Prima i centomila in piazza lunedì, poi ieri la tempesta sui mercati spazzano via la baldanza del regime. Fiorino ai minimi storici, punte di 324 per un euro. Asta dei titoli pubblici a breve fallita, il debito esplode per gli interessi: 9,6 i titoli a breve, oltre il 10 i decennali. Lo spread vola a quote greche, 750 punti. Il Fantasma dell’Opera fu ambientato qui, oggi il fantasma di Atene si aggira sul Danubio. «Con un pacifico cammino democratico supereremmo l’odio ideologico, ma per uscire dall’abisso economico ci vorranno lunghi, dolorosi anni», ammette triste Karoly Voeroes, grande nome della stampa liberal perseguitata. Incalza l’economista Andrà s Vertes a Klubrà dio, l’emittente che il regime vuole chiudere: «O Orbà n cambia o si va alla bancarotta». Fmi e Ue non cedono. Niente aiuti ue senza l’indipendenza della Banca, dice la Commissione europea, che si riunirà  mercoledì. Il regime non si coordina più. «Che la Banca appoggi il governo», dice il papavero della Fidesz (il partito di Orbà n) cercando di difendere la legge che schiaccia l’Istituto dopo giustizia, Consulta, media, Parlamento. No, siamo pronti a discutere, lo smentisce Fellegi. Orbà n in persona risponderà  a Hillary Clinton. Una Canossa, perché il messaggio (23 dicembre) di Hillary che parlava di democrazia in pericolo a Budapest era stato ignorato e censurato. Coda di paglia in ogni gesto: all’ex premier socialista Ferencs Gyurcsany, alla verde (Lmp) Virà g Kaufer, agli altri deputati arrestati per ore il 23 dicembre, offrono il perdono di un’amnistia. «Piuttosto i lavori forzati che imponete a disoccupati e rom», rispondono i democratici. Virà g Kaufer si è dimessa dal parlamento, «ridotto a teatro di marionette di Orbà n, organizzerò la resistenza sociale». Troppo poco e troppo tardi, è la risposta che Orbà n incassa da mondo e opposizioni, disprezzati fino a ieri. I democratici si organizzano: il movimento chiamato Szolidarità s sull’esempio polacco, i grandi padri del dissenso, i partiti, negoziano una Tavola rotonda per unirsi contro il potere. «Tavola rotonda, ma senza il potere, al contrario di Varsavia», sottolinea la grande filosofa Agnes Heller, «Walesa, nei generali, aveva di fronte dei patrioti, noi pericolosi incompetenti. Spero che la svolta sia non violenta, ma senza certezze». Pesa il pericolo «che Orban si rafforzi dipingendosi solo contro il mondo», dice il giornalista Voeroes temendo il peggio, «ci sono un milione e mezzo o più di persone infatuate, pronte a seguirlo anche morendo di fame». (ha collaborato Agi Berta)


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