Cosentino, l’incubo del Pdl

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ROMA. Si mette male per Nicola Cosentino, Berlusconi non è riuscito a convincere Bossi o forse c’è riuscito ma è stato inutile. Ha deciso Maroni: i due rappresentanti della Lega oggi pomeriggio voteranno per l’arresto del coordinatore campano del Pdl accusato dai magistrati di Napoli di essere il referente politico nazionale del clan dei casalesi. Due voti decisivi per spostare l’equilibrio in giunta che così per undici voti (oltre ai leghisti, i 4 del Pd, i 2 di Fli, i 2 dell’Udc e il dipietrista) a dieci (7 del Pdl, un’ex responsabile, il berlusconiano del gruppo Misto e il radicale Maurizio Turco) accoglierà  la richiesta della gip napoletana. Ma la parola definitiva la dirà  l’aula della camera giovedì, con voto segreto.
Sulla carta Cosentino non dovrebbe avere alcuna chance. Se i deputati seguiranno le indicazioni dei partiti, il sì alla galera preventiva potrà  contare su 110 voti di vantaggio. Però conteranno le assenze e ci saranno di sicuro molti franchi tiratori: occhi puntati sui centristi, tra Udc e gruppi minori una cinquantina di deputati. Difficile pensare che i leghisti possano smentire platealmente Maroni, tanto più che la maggioranza del gruppo è politicamente vicina all’ex ministro dell’interno più che al capogruppo bossiano Reguzzoni. Ma qualche voto potrebbe sfuggire per aiutare Cosentino e di certo Berlusconi e Verdini stanno lavorando ai fianchi i leghisti più sensibili. E non è da escludere che qualche voto contrario agli arresti arrivi anche dal gruppo dei finiani, dove non manca chi per principio preferisce difendere un collega dai magistrati. Del resto è andata così tutte le volte che a Montecitorio si è votato su Cosentino, la prima richiesta di arresto nel 2009 è stata respinta anche con una cinquantina di voti piovuti dalle opposizioni e nel 2010 un’autorizzazione a procedere per alcune intercettazioni contò un’altra dozzina di soccorritori anonimi di centrosinistra.
D’altra parte, all’interno del gruppo del Pdl a Cosentino non mancano i nemici e qualche voto potrebbe anche perderlo. Anzi, più si sgretola il potere dell’ex plenipotenziario berlusconiano – contestato apertamente dal presidente della Campania Caldoro che chiede da tempo una «riorganizzazione» del partito ad Alfano, mollato nella disperazione delle strategie processuali anche dal fedelissimo presidente della provincia di Napoli Cesaro – più i suoi avversari trovano il coraggio di attaccarlo. Non saranno dunque i destini politici del Pdl a cambiare, nel caso Cosentino dovesse essere effettivamente arrestato. Il cambio della guardia nel Pdl campano è maturo, anche se servirà  un commissario per stabilire la tregua tra le varie fazioni. Ma di certo il carcere segnerebbe traumaticamente il patto di fedeltà  con Berlusconi che ha retto per dieci anni, da quando Cosentino scalzò i fratelli Martusciello (Antonio, oggi all’Agcom, fu sconfitto nel 2001 alle elezioni per il comune di Napoli) dal cuore del cavaliere. È stato un legame fortissimo, al quale Berlusconi ha sacrificato anche alleati (Fini) e amicizie (Carfagna), pagando tutti i tributi del caso: pochi ricordano che nel 2006 il cavaliere chiuse la campagna elettorale addirittura a Sant’Antimo, il paese di Cesaro.
È stato direttamente Roberto Maroni ad annunciare ieri sera, al termine di un vertice della Lega in via Bellerio, la decisione del partito di votare a favore del carcere per Cosentino. Spiegando che il capogruppo leghista in giunta, Paolini, si era espresso contro la sussistenza del fumus persecutionis. Un’evidente forzatura, visto che Paolini stesso aveva annunciato poco prima di non aver chiuso la sua relazione e soprattutto di essere persuaso dell’insussistenza delle esigenze cautelari. Nella Lega ci si è evidentemente fermati a un passo dalla rottura e l’ex ministro dell’interno deve aver messo sul piatto tutto il suo peso parlamentare. D’altra parte Bossi oltre a dare ragione a Berlusconi in privato, e talvolta in pubblico, non può spingersi. Perché attestarsi sulla linea della difesa a oltranza di Cosentino significherebbe regalare a Maroni il ruolo del moralizzatore. Ruolo più che ambito, ora, visto anche lo scandalo dell’investimento in Tanzania dei soldi del finanziamento pubblico.
Fatto anche l’ultimo tentativo con Bossi ieri sera, gesto che doveva a Cosentino, a Berlusconi non è rimasto che prendere atto della rottura con gli ex alleati. Ai berlusconiani il compito di ridimensionare lo strappo, evidenziando le ragioni dello scontro interno leghista. Ma soprattutto i deputati di peso del Pdl da oggi partiranno con il corteggiamento dei colleghi in cravatta verde. L’argomento? Sempre lo stesso: il voto su Cosentino in fondo è un caso di coscienza.


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