Giarda lancia la spending review “Entro gennaio piano taglia-spese”

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Mai più nuove tasse. Mai più tagli lineari. Se la fase uno del risanamento finanziario è stata incardinata sugli aumenti d’imposta, la fase due ruoterà  intorno al “rigore selettivo” nella spesa pubblica. «Entro fine mese – annuncia il ministro Piero Giarda – sarà  pronto il piano per la “spending review” e scatteranno i primi interventi di razionalizzazione delle risorse statali». Si parte da Palazzo Chigi, e in primavera toccherà  ai ministeri. Un’operazione massiccia, ma “chirurgica”. Servirà  a superare l’epoca dei colpi d’ascia indiscriminati della gestione Tremonti, che hanno «schiantato l’economia», per passare a interventi tarati con il «bisturi», per eliminare gli sprechi senza deprimere investimenti, consumi e servizi. La “via alta” alla riqualificazione della spesa pubblica, che tentò meritoriamente Tommaso Padoa-Schioppa nel 2008, ma che non potè percorrere fino in fondo a causa della caduta del governo Prodi. 
Oggi la rilancia Monti, che ha affidato proprio a Giarda, insieme al viceministro dell’Economia Vittorio Grilli, il compito di portare finalmente a compimento quel progetto. Ambizioso. Ai limiti del temerario. Secondo le stime, potrebbe fruttare tra i 5 e i 15 miliardi di risparmi di spesa. «Dipende dall’intensità  e dalla serietà  che i soggetti interessati dimostreranno». Ma dipende anche da come evolverà  il quadro complessivo, non solo italiano, sul quale incombono incognite difficili da calcolare. Secondo Giarda, le «variabili fondamentali» sono essenzialmente due. La prima è l’Europa. «L’obiettivo, in questo momento, è riuscire a convincere l’Unione che i nostri sforzi sono seri e strutturali, e che il vincolo di un rientro del debito pubblico in rapporto al Pil dal 120 al 60% in 20 anni è impensabile. Significa ridurre in misura meccanica il debito di 3 punti di Pil ogni anno, qualunque sia il tasso di crescita dell’economia. Questo è assurdo. Per questo il presidente del Consiglio Monti, nella missione che è iniziata la settimana scorsa con il vertice da Sarkozy e che culminerà  con l’Eurogruppo e il vertice dei capi di Stato e di governo di fine mese, cercherà  di convincere i partner europei ad accettare l’emendamento all’articolo 4 della bozza di nuovo Trattato intergovernativo». 
La seconda variabile è la congiuntura. «Parliamoci chiaro – ragiona il ministro – qui si tratta di capire come va l’economia, quest’anno. Se continua il ciclo negativo di questi mesi, nel 2013 il pareggio di bilancio rischiamo di non raggiungerlo. I segnali, purtroppo, sono tutti negativi. Confindustria stima un calo della crescita nell’ordine dell’1,6%. Ora aspettiamo le previsioni di Prometeia. Ma lo scenario non è confortante». La fase due può aiutare il ciclo e invertire la direzione di marcia. «Monti vuole provvedimenti operativi già  entro la fine di questo mese. Le liberalizzazioni sono al primo punto dell’agenda. Saranno importanti soprattutto come segnale all’Europa, perchè poi bisognerà  vedere in concreto quale impulso potranno dare al Pil nel breve periodo, e quale invece nel lungo». 
L’intera azione di governo ruota intorno a quello che Giarda chiama «lo stramaledetto spread». Se non si riesce a innescare il «circolo virtuoso», abbattendo la curva dei rendimenti e quindi riducendo l’onere per interessi e il costo del debito, allora i sacrifici rischiano di diventare inutili. E le manovre che si susseguono, nel tentativo di trasmettere ai mercati la sensazione di una stabilità  di lungo periodo, finiscono per bruciare risorse, deprimere redditi, cancellare posti di lavoro, prosciugare consumi, bloccare investimenti. E alla fine soffocano l’economia reale. Per questo è importante che l’Europa si convinca che quanto abbiamo fatto è il massimo possibile, nelle condizioni date. «I compiti a casa – dice Giarda – li stiamo facendo con impegno e serietà . Altre manovre non vogliamo farne, dopo quella di fine 2011. Altri aumenti di imposta sono impensabili, siamo già  al limite adesso», con una pressione fiscale che è arrivata a superare il 46% del Pil. 
A questo punto, insieme all’auspicata riduzione della spesa per gli interessi sul debito, la chiave del risanamento si chiama “spending review”. E in questa “missione” Giarda è davvero il “predestinato”. Pur essendo ministro per i Rapporti con il Parlamento, il Professore è forse il massimo esperto della materia. E Monti ha affidato a lui il compito. «Il presidente mi ha chiesto un rapporto complessivo entro la fine di gennaio, e io ci sto lavorando. Ne discuteremo in uno dei prossimi Consigli dei ministri. Si tratta di capire cosa si può fare subito e cosa invece può dare frutti più in là . Non è un compito facile: si tratta di passare dai tagli lineari di Tremonti, di cui ancora dobbiamo capire bene gli effetti, a interventi di riduzione chirurgica della spesa, settore per settore, ministero per ministero». Si parte dal “centro”: tra le cose che si possono fare subito, infatti, c’è sicuramente la razionalizzazione delle strutture di Palazzo Chigi, con la soppressione di alcuni uffici e l’accorpamento di alcune direzioni generali. Poi, in primavera, nel quadro del Piano Nazionale di Riforme da presentare a Bruxelles, scatterà  la cura più significativa, che riguarda la “periferia” del sistema pubblico, cioè i tagli alle spese e alle forniture dei ministeri.
Far dimagrire questo Leviatano di Hobbes è impresa immane, perché il “grasso” non è facile da trovare, e va cercato negli interstizi. «Al netto delle pensioni e degli interessi sul debito, la nostra spesa pubblica è nella media europea. Ma va resa più efficiente, perché stiamo parlando di denaro che riguarda i servizi al cittadino e il sostegno alle imprese. Noi abbiamo assunto un impegno senza precedenti, nella storia repubblicana: l’invarianza della spesa corrente nel prossimo triennio. L’abbiamo scritto nella Nota di aggiornamento presentata in Parlamento il 4 dicembre: tra 2010 e 2014 prevediamo 726 miliardi di euro di spesa primaria, che è “flat” in termini monetari per l’intero periodo. Calcolando un’inflazione media del 2%, è come se noi riducessimo la spesa pubblica corrente di 2 punti percentuali di qui al 2014. Vuole dire un taglio del 10% in cinque anni. Un’operazione mai tentata prima. Ma non è scontato che ci si riesca. Serve l’impegno di tutti. L’obiettivo finale è quello di far sì che i risparmi prodotti dalla “spending review” sostituiscano i tagli lineari, che tanto male hanno fatto alla nostra economia». 
Su questo, serve l’impegno rigoroso di tutti. In Parlamento, nel governo, nelle strutture ministeriali, negli enti decentrati. Ma è un tentativo che non può e non deve fallire. «Si tratta di ridurre in modo selettivo la spesa improduttiva, rinunciando una volta per tutte alla scorciatoia del taglio dei fondi per la benzina delle volanti della Polizia o del congelamento degli aumenti contrattuali nel pubblico impiego. Vale la pena, e sa perché? I risparmi fatti finora sono stati ottenuti nel modo più brutale: sospendendo i pagamenti della Pubblica Amministrazione, o tagliando del 20-30% la spesa in conto capitale, cioè gli investimenti. Questo ha avuto una ripercussione micidiale sull’economia e sull’occupazione. Così non possiamo e non vogliamo più andare avanti. Così non torneremo mai sul sentiero della crescita». Per questo la “spending review” è essenziale. Per ragioni tecniche, ma anche e soprattutto per questioni di opportunità  politica. La spesa pubblica – sostiene Giarda, esperto e cultore di opera lirica – ricorda la «Anna Bolena di Donizetti, secondo la visione che ne ha il coro di popolo: ora si compone “in un sorriso”, ora appare “triste e pallida”. La spesa pubblica, cioè, può essere al tempo stesso espressione della coscienza collettiva e ostacolo alla crescita economica. Scelta di democrazia e fonte di pratiche improprie. Sta a noi, d’ora in poi, decidere cosa debba essere».


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