I fumogeni di Fornero

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Rituale mezza marcia indietro del giorno dopo. Eliminazione della cig e reddito minimo (ma senza fondi)? «Prematuro parlarne ora», ma va avantiLa finta marcia indietro del giorno dopo. Ormai è una costante di molti ministri, in piena continuità  con il governo precedente. Certo con meno protervia, ma altrettanta – pessima – intenzionalità . Sottoposta per tutta la mattinata, dovunque sia andata, a un fuoco di fila di domande sull’«eliminazione della cassa integrazione», il «contratto unico», le risorse finanziarie necessarie per il «reddito minimo», ecc, la ministra del welfare Elsa Fornero ha scelto come difesa la cortina fumogena.
Vediamo le nuove dichiarazioni sui singoli punti. «Nel documento non c’è l’espressione ‘vogliamo togliere la cassa integrazione’. C’è invece l’impostazione di un percorso di riforma degli ammortizzatori sociali che vedremo dove condurrà ». Quindi «era del tutto prematuro parlare di soppressione della cig e in ogni caso sappiamo che il 2012 sarà  un anno difficile, nel quale non potremo fare grandi innovazioni». Secondo logica, dunque, per quest’anno non si può fare, ma…
Che in realtà  a questo si stia pensando è stato confermato dalla stessa ministra, in via indiretta. «La flessibilità  in uscita è stata utilizzata per mandare in pensione gente giovane, questo non si può più fare». Parla dei prepensionamenti, utilizzati per risolvere molte crisi aziendali tramite il rosario dei vari ammortizzatori. La ministra si è detta «colpita» dal fatto che «in Italia un lavoratore con poco più di 50 anni è considerato perso dal mercato, non più utilizzabile». Accorciare il periodo coperto dalla cig, insomma, costringerebbe il singolo lavoratore a tornare su un «mercato» che però – non certo per sua indisponibilità  – lo rifiuta in quanto «vecchio». Ma non più pensionabile.
Salario minimo garantito. È l’istituto che, secondo quanto riferito dai dirigenti sindacali presenti all’incontro di lunedì, dovrebbe sostituire la cig straordinaria, quella in deroga e anche la mobilità . Di durata imprecisata, ma certo molto inferiore (anche quanto ad assegno erogato) rispetto agli ammortizzatori oggi in vigore. «Abbiamo molti vincoli finanziari», quindi parlare di questo è «assolutamente prematuro». E due.
Un po’ troppa modestia e incertezza, insomma, per un governo di tecnici e decisionisti, che hanno caricato sulle proprie spalle il compito di «fare riforme strutturali in tempi rapidi». Specie se, come la ministra stessa ha ripetuto, la questione del mercato del lavoro si deve risolvere «in 3 o 4 settimane». Ma proseguiamo.
Contratto sagomato sul ciclo di vita. Fornero parte dalla «numerosità » dei contratti atipici, che andrebbero sfoltiti tenendo soltanto «quelli che ci (a chi?, ndr) servono». Perché questa giungla «anziché includere, segmenta, tratta in maniera eccessivamente differenziata diverse categorie di persone». Ma il «contratto sagomato», che cambia a seconda dell’età  del singolo lavoratore, realizza qualcosa di peggio della «frammentazione»: ossia l’individualizzazione totale, così che in nessun posto, virtualmente, ci saranno due dipendenti con gli stessi interessi immediati. Unica speranza: un’idea del genere è quasi impossibile da realizzare, nella vita pratica.
Molto seccamente, il segretario della Cgil Toscana, Daniele Quiriconi, ha fatto due conti: «Se si applicasse la ricetta Fornero in Toscana (regione con il Pil pro capite tra i più alti del paese, ndr) ci sarebbero 15.000 disoccupati in più». Un calcolo basato su informazioni concrete, al contrario dell’ideologia sparsa a piene mani sulle «misure per i giovani». E corroborato da Carla Cantone, segretaria generale dello Spi Cgil: «I problemi dei giovani non si sono dissolti nell’aria con la riforma delle pensioni, ma si risolveranno solo attraverso un piano per l’occupazione, perché senza un lavoro oggi non ci sarà  nessuna pensione domani».
È la stessa opinione manifestata ieri dai precari dell’Istat, terza stazione del peregrinare della ministra, che hanno issato uno striscione con su scritto «precarious we stand». Strappandole un «mi state a cuore, questa è la mia preoccupazione» che sa tanto di mezza lacrima. Prima della mazzata.


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