I «falchi» della guerra alla Siria

by Editore | 22 Gennaio 2012 11:42

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Sarebbero almeno 23, secondo la tv al Jazeera, i morti nei combattimenti tra forze governative e disertori avenuti ieri nei pressi di Jisr al-Shoghour, nella provincia di Idlib, una delle roccaforti del cosiddetto “Esercito siriano libero” appoggiato dalla vicina Turchia. Altre 14 persone, sempre secondo Jazeera, sono morte a causa di un’esplosione avvenuta su un bus, durante un trasferimento di detenuti da Ariha a Idlib, nella località  di al Mastouma. I media ufficiali parlano di un attentato terroristico. In questo clima il generale sudanese Mohammed al-Dabi, capo dei 165 osservatori della Lega araba in Siria, ha presentato al quartier generale dell’organizzazione pan-araba il rapporto sulla missione cominciata il 26 dicembre. Oggi i ministri degli esteri arabi prenderanno nuove decisioni. Con ogni probabilità  verrà  allungata di un mese la permanenza degli osservatori in Siria, nonostante le proteste dell’opposizione anti-Assad che accusa al-Dabi e i suoi «monitors» di non aver «fermato la repressione» e di aver indirettamente dato copertura diplomatica al regime. Algeria e Iraq, ma anche Russia e Cina, invece sottolineano che, sebbene non abbia posto fine alle violenze, la missione ha contribuito a ridurre il numero di morti e feriti. È probabile che il numero degli osservatori venga portato da 165 a 300. Non è un mistero che un gruppo di paesi membri, guidati dal Qatar, stiano spingendo per passare all’uso della forza contro Damasco o per ottenere l’invio un contigente militare arabo in Siria. Al Cairo ieri era atteso anche Burhan Ghalioun, capo del Consiglio nazionale siriano (Cns) che raccoglie una parte dell’opposizione laica assieme ai Fratelli musulmani siriani e altre formazioni islamiste. Burhan ha abbracciato con maggior convinzione l’idea di un intervento militare respinto invece dal Comitato di coordinamento nazionale (Ccn), di Haytham al Manna, che racchiude forze di opposizione di sinistra e nazionaliste. Dagli Stati Uniti, Human rights watch venerdì ha chiesto che la Lega araba adotti decisioni incisive assieme alle Nazioni Unite. Si tratta di appello indiretto al Consiglio di Sicurezza dove le tentazioni interventiste si scontrano, per ora, con il veto di Russia e della Cina. «Portare il dossier siriano al Consiglio di Sicurezza dell’Onu è ipotizzabile», ha assicurato da parte sua la portavoce del Cns, Bassima Qadmani, dopo l’incontro avuto ieri col segretario della Lega araba Nabil el Araby. I non interventisti In seno alla Lega araba la linea interventista del Qatar incontra opposizioni. Dell’Algeria e dell’Iraq, in modo particolare. Altri Stati arabi esitano ad adottare iniziative che potrebbero aprire la strada ad un’operazione militare internazionale simile a quella compiuta in Libia (promotore principale anche in quell’occasione il Qatar). Intanto gli Stati Uniti si dicono pronti a chiudere la loro ambasciata a Damasco se il governo siriano non garantirà  una maggiore protezione alla sede diplomatica.

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