I nuovi professionisti: da Parigi a Londra la scelta di associarsi

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Cominciamo con una buona notizia. Nei principali Paesi europei le professioni intellettuali non stanno ammainando la bandiera. Tutt’altro. Crescono le dimensioni quantitative dei servizi professionali, sia quelli tradizionali sia quelli innovativi. È questa la prima conclusione a cui arriva una ricerca sulle professioni in Inghilterra, Francia, Germania e Italia commissionata dalla Confprofessioni, presieduta da Gaetano Stella, al sociologo Paolo Feltrin e alla società  di ricerche Tolomeo. Ma, ed è questa la domanda di stringente attualità , come si evolvono le politiche governative e i sistemi di regolazione? Gli esecutivi viaggiano grosso modo nella stessa direzione dandosi l’obiettivo di liberalizzare e di favorire la crescita della dimensione di impresa, come peraltro indicato dalle direttive di Bruxelles. I sistemi di regolazione, invece, si muovono più lentamente e sono condizionati dalla tradizione storica dei singoli Paesi. Persino in Inghilterra le tradizionali professioni giuridiche, come i barrister e i solicitors sembrano essere stati i settori sociali che hanno di più resistito alla carica liberalizzatrice di Margaret Thatcher.
Partiamo dal mercato. È vero che la Grande Crisi ha ridotto il giro d’affari dei professionisti e ha costretto alla chiusura molti studi, secondo Feltrin però il trend di lungo periodo favorisce le professioni perché l’economia si terziarizza, cresce l’istruzione delle nuove generazioni e il modello professionale appare quello più adatto a esprimere le potenzialità  della società  della conoscenza. La ricerca annota in particolare la crescita delle professioni sanitarie, contabili e giuridiche ma più in generale registra come «la crescente complessità  del sistema socioeconomico produca ambiti più differenziati e specializzati». Non basta più l’avvocato generalista o civilista, ma ci vuole il matrimonialista, il giuslavorista, l’esperto di diritto societario, internazionale, amministrativo, ecc. Anche le professioni tradizionali, dunque, sono investite dalla differenziazione della società  e di conseguenza della domanda.
I nuovi servizi legati a innovazione e tecnologia hanno ovviamente fatto crescere professioni diverse dal passato e ciò grazie anche ai processi di esternalizzazione dei servizi dalle grandi imprese. Le professioni informatiche sono le regine di questo trend ma novità  interessanti, dal punto di vista dell’espansione del mercato, hanno investito anche i servizi alla persona e alla famiglie, in particolare quelli del benessere e del parasanitario. «L’economia del tempo libero» la definisce Feltrin. Più complessivamente in tutti i Paesi colpisce la dimensione del fenomeno quantitativo delle professioni creative, si oscilla tra le 100-200 nuove figure. Un peso crescente ce l’ha il protagonismo femminile visto che in tutti i Paesi il numero delle donne professioniste supera il 40%. La ricerca aggiunge che il modello professionale è così attrattivo che viene invocato da molte fasce di lavoratori specializzati che tendono comunque a presentarsi come professionisti. Nell’immediato per la compresenza di tutti questi fenomeni il mondo delle professioni appare profondamente segmentato, non solo per lo spartiacque che divide professioni ordinistiche e non, ma anche per la diversa rilevanza dei fenomeni associativi.
Come dicevano la pressione della Ue e le dinamiche di mercato tendono a omogeneizzare regole e tradizioni ma Feltrin sostiene che in questo settore le liberalizzazioni si sono rivelate più lente e la forza delle tradizioni nazionali più consistente. Non esiste un modello europeo, perché il Bruxelles-pensiero ancora non ha saputo rispondere persuasivamente alla richiesta di riconoscimento identitario e di garanzia della qualità  avanzata dalle singole realtà  nazionali. Per quanto riguarda le tariffe e la pubblicità  in Inghilterra e Francia sono in sostanza libere e non determinate dagli Ordini, mentre in Germania e in Italia ci sono state esperienze più timide. Ma è sul tema delle forme societarie che si registrano le tendenze più interessanti. Fare impresa e affermare la specificità  del modello professionale è un tema clou dei prossimi anni, la trasformazione del mercato è andata avanti e abbiamo visto l’ingresso di forme societarie capitalistiche e persino di multinazionali. Il cambiamento è stato più forte in Inghilterra e Francia, dove ad esempio esistono sei forme diverse di società  professionali. Sono state anche introdotte forme di impresa per condividere tra diversi professionisti i costi dei servizi e delle sedi. In Germania l’innovazione più rilevante riguarda il partenariat. Annota invece Feltrin che «il caos regna in Italia per la povertà  delle forme societarie possibili, limitate al tradizionale studio singolo o associato e per la difficoltà  con cui decollano le società  professionali consentite dal decreto Bersani». Dall’altro lato la comparsa delle nuove professioni non regolamentate ma tenute fuori dal recinto ordinistico, ha obbligato i nuovi professionisti a usare le forme societarie d’uso comune creando quindi una netta divaricazione.
I sistemi di regolazione si presentano molto diversi nei 4 casi. Nei tre Paesi continentali gli Ordini hanno poteri a loro delegati dallo Stato che resta il sommo regolatore. In Francia però sono di diritto privato e in Italia e Germania di diritto pubblico. A Londra la trazione della common law fa sì che il potere regolatorio dei Professional bodies si basi sulla forza della tradizione. I poteri degli Ordini continentali sono simili tra loro su accesso alla professione e riserva di attività , differiscono su tariffe e pubblicità .
Infine nelle forme della rappresentanza e dell’associazionismo si trovano le maggiori differenze. Il disordine è grande sotto il cielo e persino la comparazione tra le esperienze nazionali è difficile perché totalmente disomogenea. Anche per questo motivo la massima di Feltrin è «più le ipotesi di riforma sapranno tener conto delle specificità  nazionali più avranno probabilità  di successo».


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