Il Valore dei beni comuni

Loading

Poi, quasi all’improvviso, l’Italia ha cominciato ad essere percorsa da quella che Franco Cassano aveva chiamato la “ragionevole follia dei beni comuni”. E questo è avvenuto perché la forza delle cose ha imposto un mutamento dell’agenda politica con il referendum sull’acqua come “bene comune”. Da quel momento in poi è stato tutto un succedersi di iniziative concrete e di riflessioni teoriche, che hanno portato alla scoperta di un mondo nuovo e all’estensione di quel riferimento ai casi più disparati. Si parla di beni comuni per l’acqua e per la conoscenza, per la Rai e per il teatro Valle occupato, per l’impresa, e via elencando. Nelle pagine culturali di un quotidiano campeggiava qualche mese fa un titolo perentorio: “I poeti sono un bene comune”.
L’inflazione non è un pericolo soltanto in economia. Si impone, quindi, un bisogno di distinzione e di chiarimento, proprio per impedire che un uso inflattivo dell’espressione la depotenzi. Se la categoria dei beni comuni rimane nebulosa, e in essa si include tutto e il contrario di tutto, se ad essa viene affidata una sorta di palingenesi sociale, allora può ben accadere che perda la capacità  di individuare proprio le situazioni nelle quali la qualità  “comune” di un bene può sprigionare tutta la sua forza. E tuttavia è cosa buona che questo continuo germogliare di ipotesi mantenga viva l’attenzione per una questione alla quale è affidato un passaggio d’epoca. Giustamente Roberto Esposito sottolinea come questa sia una via da percorrere per sottrarsi alla tirannia di quella che Walter Benjamin ha chiamato la “teologia economica”.
Ciò di cui si parla, infatti, è un nuovo rapporto tra mondo delle persone e mondo dei beni, da tempo sostanzialmente affidato alla logica del mercato, dunque alla mediazione della proprietà , pubblica o privata che fosse. Ora l’accento non è più posto sul soggetto proprietario, ma sulla funzione che un bene deve svolgere nella società . Partendo da questa premessa, si è data una prima definizione dei beni comuni: sono quelli funzionali all’esercizio di diritti fondamentali e al libero sviluppo della personalità , che devono essere salvaguardati sottraendoli alla logica distruttiva del breve periodo, proiettando la loro tutela nel mondo più lontano, abitato dalle generazioni future.
L’aggancio ai diritti fondamentali è essenziale, e ci porta oltre un riferimento generico alla persona. In un bel saggio, Luca Nivarra ha messo in evidenza come la prospettiva dei beni comuni sia quella che consente di contrastare una logica di mercato che vuole “appropriarsi di beni destinati al soddisfacimento di bisogni primari e diffusi, ad una fruizione collettiva”. Proprio la dimensione collettiva scardina la dicotomia pubblico-privato, intorno alla quale si è venuta organizzando nella modernità  la dimensione proprietaria. Compare una dimensione diversa, che ci porta al di là  dell’individualismo proprietario e della tradizionale gestione pubblica dei beni. Non un’altra forma di proprietà , dunque, ma «l’opposto della proprietà », com’è stato detto icasticamente negli Stati Uniti fin dal 2003. Di questa prospettiva vi è traccia nella nostra Costituzione che, all’articolo 43, prevede la possibilità  di affidare, oltre che ad enti pubblici, a “comunità  di lavoratori o di utenti” la gestione di servizi essenziali, fonti di energia, situazioni di monopolio. Il punto chiave, di conseguenza, non è più quello dell’ “appartenenza” del bene, ma quello della sua gestione, che deve garantire l’accesso al bene e vedere la partecipazione di soggetti interessati.
I beni comuni sono “a titolarità  diffusa”, appartengono a tutti e a nessuno, nel senso che tutti devono poter accedere ad essi e nessuno può vantare pretese esclusive. Devono essere amministrati muovendo dal principio di solidarietà . Indisponibili per il mercato, i beni comuni si presentano così come strumento essenziale perché i diritti di cittadinanza, quelli che appartengono a tutti in quanto persone, possano essere effettivamente esercitati. Al tempo stesso, però, la costruzione dei beni comuni come categoria autonoma, distinta dalle storiche visioni della proprietà , esige analisi che partano proprio dal collegamento tra specifici beni e specifici diritti, individuando le modalità  secondo cui quel “patrimonio comune” si articola e si differenzia al suo interno. 
Se, ad esempio, si considera la conoscenza in Rete, uno dei temi centrali nella discussione, ci si avvede subito della sua specificità . Luciano Gallino ne ha giustamente parlato come di un bene pubblico globale. Ma proprio questa sua globalità  rende problematico, o improponibile, uno schema istituzionale di gestione che faccia capo ad una comunità  di utenti, cosa necessaria e possibile in altri casi. Come si estrae questa comunità  dai miliardi di soggetti che costituiscono il popolo di Internet? Di nuovo una sfida alle categorie abituali. La tutela della conoscenza in Rete non passa attraverso l’individuazione di un gestore, ma attraverso la definizione delle condizioni d’uso del bene, che deve essere direttamente accessibile da tutti gli interessati, sia pure con i temperamenti minimi resi necessari dalle diverse modalità  con cui la conoscenza viene prodotta. Qui, dunque, non opera il modello partecipativo e, al tempo stesso, la possibilità  di fruire del bene non esige politiche redistributive di risorse perché le persone possano usarlo. È il modo stesso in cui il bene viene “costruito” a renderlo accessibile a tutti gli interessati.
Ben diverso è il caso dell’impresa, di cui pure si discute. Qui è grande il rischio della confusione. Sappiamo da tempo che l’impresa è una “costellazione di interessi” e che sono stati costruiti modelli istituzionali volti a dar voce a tutti. Ma la partecipazione, anche nelle forme più intense di cogestione, non mette tutti i soggetti sullo stesso piano, né elimina il fatto che il punto di partenza è costituito da conflitti, non da convergenza di interessi. Parlare di bene comune è fuorviante.
L’opera di distinzione, definizione, costruzione di modelli istituzionali differenziati anche se unificati dal fine, è dunque solo all’inizio. Ma non rimane nel cielo della teoria. Proprio l’osservazione della realtà  italiana ci offre esempi del modo in cui la logica dei beni comuni cominci a produrre effetti istituzionali. Il comune di Napoli ha istituito un assessorato per i beni comuni; la Regione Puglia ha approvato una legge, pur assai controversa, sull’acqua pubblica; la Regione Piemonte ne ha approvata una sugli open data, sull’accesso alle proprie informazioni; in Senato sono stati presentati due disegni di legge sui beni comuni e vi sono proposte regionali, come in Sicilia. Si sta costruendo una rete dei comuni ed una larga coalizione sociale lavora ad una Carta europea. 
Quel che unifica queste iniziative è la loro origine nell’azione di gruppi e movimenti in grado di mobilitare i cittadini e di dare continuità  alla loro presenza. Una novità  politica che i partiti soffrono, o avversano. Ancora inconsapevoli, dunque, del fatto che non siamo di fronte ad una questione marginale o settoriale, ma ad una diversa idea della politica e delle sue forme, capace non solo di dare voce alle persone, ma di costruire soggettività  politiche, di redistribuire poteri. È un tema “costituzionale”, almeno per tutti quelli che, volgendo lo sguardo sul mondo, colgono l’insostenibilità  crescente degli assetti ciecamente affidati alla legge “naturale” dei mercati.


Related Articles

Frana la Via dell’Amore, grave una turista non c’è pace nell’Eden delle Cinque Terre

Loading

 Colpa della siccità , paura e raffica di disdette. Un anno fa l’alluvione   

Greenpeace vìola due centrali nucleari e irrompe nel dibattito

Loading

Greenpeace si è invitata al dibattito tv tra Hollande e Sarkozy, facendo irruzione, poche ore prima dello scontro tra i due candidati, in due centrali nucleari. In mattinata, un militante ha sorvolato la centrale del Bugey (nel dipartimento dell’Aisne) con un parapendio a motore, poco più tardi un altro, soprannominato il «poeta-scalatore», è riuscito a introdursi nella centrale nucleare Edf di Civeaux (nella Vienne).

Arresti per corruzione, le trame sull’eolico tra mafia e politica

Loading

Arrestati per corruzione l’ex consulente della Lega per l’energia e il figlio. I rapporti con Nicastri, «protettore» di Messina Denaro

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment