La Consulta boccia i referendum Napolitano si appella ai partiti “Cambiate voi la legge elettorale”

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ROMA – In poche ore cambia il futuro della legge elettorale. La Consulta, alle 12, boccia i due referendum che puntavano a cancellare il Porcellum per riportare in vita il Mattarellum e si divide sulla necessità  di mettere in discussione la costituzionalità  della legge Calderoli. La decisione sortisce un’immediata conseguenza. A sera, come rende noto alle 20 il sito del Quirinale, Napolitano incontra Fini e Schifani «per esaminare le prospettive dell’attività  parlamentare, con prioritaria attenzione alle riforme istituzionali, anche nelle loro possibili implicazioni costituzionali». I tre esprimono «la comune convinzione che tocchi alle forze politiche e alle Camere assumere rapidamente iniziative di confronto concreto sui temi da affrontare e sulle soluzioni da concertare». I vertici dello Stato mettono al riparo la Consulta, attaccata da Antonio Di Pietro, e parlano di un «rigoroso esercizio della propria funzione». Ribadiscono che ora «spetta ai partiti e al Parlamento assumere il compito di proporre e adottare modifiche della legge elettorale, secondo esigenze largamente avvertite dall’opinione pubblica».
Adesso, anche se i referendari sono delusi dalla bocciatura e sono scettici sul futuro, il quadro delle norme elettorali si mette in movimento. L’opzione della Corte e il passo del Colle, strettamente legati, sono uno scossone che non può essere ignorato. Alla Corte un duplice voto chiude la discussione sui referendum lanciati da Di Pietro, Parisi, Segni, Vendola. Il primo quesito, cancellare d’un colpo il Porcellum, viene dichiarato inammissibile con 12 voti contro tre. Poi, 11 a 4, cade il secondo, un lungo testo che, in modo chirurgico, mirava a ripristinare la legge Mattarella del ’93, ma non aveva il dono della chiarezza. Il relatore Sabino Cassese, noto docente di diritto amministrativo, sposa in pieno la tesi dell’inammissibilità  e si appresta a scrivere la sentenza che dovrebbe essere già  discussa lunedì, subito votata e resa pubblica. In quelle pagine non ci sarà  un esplicito “monito” al Parlamento a rivedere il Porcellum. Ci saranno dei rilievi critici, l’indicazione di punti costituzionalmente controversi come il premio di maggioranza, ma non l’invito a intervenire venuto poi da Napolitano. 
I quesiti cadono vittime della loro inadeguatezza. Secondo gli alti giudici entrambi, se sottoposti al voto e approvati, lascerebbero gli italiani privi di una legge per votare. Condizione del tutto inammissibile perché proprio quelle norme sono costituzionalmente protette, di esse non si può fare a meno neppure per pochi minuti. La giurisprudenza della Corte in materia referendaria, costante negli anni come si sottolinea nel palazzo, viene rispettata. Il sì a un quesito che chiede di abrogare una legge è possibile solo se, al momento del voto, gli spezzoni legislativi che restano in piedi consentono un’elezione. Esclusa l’ipotesi della “reviviscenza” o “riespansione” della Mattarella, morta nel 2005 quando è stato approvato il Porcellum. 
Ma c’è un altro voto, di determinante importanza, che si compie alla Consulta. Divide gli alti giudici. Finisce 8 a 7 e riguarda l’auto rimessione. La Corte, trovandosi alle prese con una legge che contiene evidenti vizi di costituzionalità , solleva davanti a se stessa quel dubbio. Lo affronta, lo dirime, decide. Nel frattempo il referendum resta congelato. A proporlo è Gaetano Silvestri, costituzionalista a Messina ed ex rettore dell’università , lo stesso giudice che nel gennaio 2008 scrisse le motivazioni per respingere i precedenti referendum elettorali e già  sollevò interrogativi sulla tenuta costituzionale del Porcellum. Ora Silvestri insiste. È un’innovazione la sua, perché nel caso dei referendum la Corte non ha mai sollevato la questione di costituzionalità . Proprio questo frena la metà  più uno degli alti giudici. Otto ritengono che non spetti alla Consulta, nel valutare l’ammissibilità  di un referendum, lo screaning preventivo sulla sua costituzionalità . La pregiudiziale Silvestri viene bocciata. Il passo successivo è evitare il “monito” al Parlamento a cambiare la legge. Come dice un giudice «per galateo istituzionale è meglio non fare i maestrini verso un’altra istituzione, in specie in una materia che attiene alla politica».
Sentenza squisitamente tecnica dunque. Ma qui entra in scena Napolitano. Che non appena la Corte pubblica il comunicato, dice a Fini e Schifani di volerli incontrare. Ai tanti dubbi sul Porcellum si aggiunge il peso di metà  della Corte che la considera di dubbia costituzionalità . Tant’è che il Quirinale, nel monito alle Camere, parla di «possibili implicazioni costituzionali».


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