L’acqua non è più pubblica

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Un piccolo blitz, una sorsata di democrazia. Tanto per ricominciare. Del resto qualcuno li dovrà  pur rappresentare quei 26 milioni di italiani che lo scorso giugno hanno votato per dire (al governo Berlusconi) che l’acqua è un bene comune e un diritto umano universale. Anche se il destinatario oggi è cambiato ed è addirittura molto più insidioso, perché adesso è il governo Monti che si appresta a violare l’esito di una consultazione democratica per consegnare l’acqua – anche l’acqua – nelle mani del mercato.

Almeno così sembra a una prima lettura delle 107 pagine della bozza sulle liberalizzazioni rese pubbliche ieri, tanto per confermare l’adagio secondo cui a pensare male si fa peccato ma spesso ci si azzecca.
Ieri mattina, in assenza di un qualsivoglia contenitore capace di rappresentare milioni di persone orfane della politica, ci hanno provato alcuni militanti romani del Forum italiano per l’acqua pubblica. Si tratta di una fitta rete di militanti sparsi su tutto il territorio nazionale che nel giro di pochi giorni ha già  raccolto più di 20 mila firme contro la foga «liberalizzatrice» di Mario Monti – tra i primi firmatari Stefano Rodotà , Gustavo Zagrebelsky, Alberto Lucarelli, Ugo Mattei, Roberto Vecchioni, Riccardo Petrella, Gino Strada, don Gallo, Dario Fo, padre Zanotelli, Luciano Gallino e molti altri.
L’incursione pacifica degli attivisti romani è stata più facile del previsto. Darsi appuntamento davanti al ministero dell’Economia, in via XX Settembre, e sgattaiolare uno alla volta nel cortile interno al grido di «acqua pubblica» è stato un attimo. Una volta conquistato lo spazio, l’occupazione è durata pochi minuti – «il mio voto va rispettato, acqua pubblica fuori mercato» – ma sono stati sufficienti per farsi ricevere nel pomeriggio da alcuni dirigenti del ministero e dal capo di gabinetto Andrea Iudica. «Ci ha ascoltati – spiega Luca Faenza del Forum – anche se non ha potuto prendere impegni perché ieri erano assenti sia il segretario sia il ministro, ma il funzionario si è impegnato a riportare le nostre richieste a Monti».
Il ragionamento del Forum è lapalissiano – «non esiste liberalizzazione del servizio idrico che rispetti i referendum» – ma sembra che questo governo «tecnico» non abbia nessuna intenzione di rispettare l’esito di una consultazione democratica capace di danneggiare qualsivoglia «esigenza» di mercato.
Infatti, nella bozza di decreto legge sulle liberalizzazioni appena pubblicata, l’attacco subdolo del governo è indirizzato proprio contro la possibilità  di ripubblicizzazione del servizio idrico, il tutto nascosto in una serie di commi e rimandi incomprensibile ai più. In buona sostanza, come temeva il Forum italiano dei movimenti per l’acqua, il governo renderebbe possibile la gestione diretta dei servizi da parte di enti locali tranne che «per la gestione di servizi diversi dai servizi di interesse economico generale». Un gioco di parole di basso profilo: siccome l’acqua verrebbe compresa nella categoria di beni di interesse economico generale, ecco che agli enti locali si impedirebbe la gestione proprio del servizio idrico, rendendolo disponibile esclusivamente per il «mercato». In soldoni, un’esperienza come quella di Napoli sarebbe impossibile e, come minimo, il governo ha intenzione di non renderla replicabile in altri comuni italiani.


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