L’Iran: “Niente portaerei Usa nel Golfo o agiremo”
Le esercitazioni della Marina militare iraniana nel Golfo persico sono terminate, ma il braccio di ferro con l’Occidente continua. L’Iran ha minacciato di “agire” nel caso che gli Stati Uniti rimandino nel Golfo Persico una portaerei, come era avvenuto in questi giorni. «La portaerei americana è stata trasferita nel Golfo dell’Oman e raccomando vivamente che non torni indietro. Se lo facesse agiremo. E non lo ripeteremo due volte» ha detto il generale Salehi, comandante delle Forze armate di Teheran. È la dichiarazione più aggressiva dopo settimane di provocazioni e minacce cominciate dopo l’annuncio di nuove sanzioni americane ed europee. Puntualmente un portavoce della Difesa americana ha ribattuto che il dispiegamento della marina nel Golfo continuerà : «Si tratta di movimenti programmati per la stabilità della regione». Ma poi il Pentagono ha moderato i toni: «Il nostro interesse è garantire la sicurezza del traffico marittimo, ma nessuno cerca lo scontro su Hormuz. È importante abbassare la temperatura».
Dopo anni di sanzioni morbide, che il regime iraniano ha aggirato senza difficoltà , il provvedimento firmato da Obama il 31 dicembre mette in gioco per la prima volta sanzioni che possono paralizzare l’economia iraniana. L’Iran non esporterebbe più petrolio (che costituisce il 70 per cento dell’export): un blocco dello Stretto di Hormuz alla rovescia. Le nuove sanzioni colpiscono infatti tutte le istituzioni finanziarie che abbiano rapporti con la Banca centrale iraniana, attraverso cui passava ormai il denaro pagato per il petrolio iraniano dai Paesi importatori. In due giorni la moneta iraniana, il rial, è crollato: ce ne vogliono 16.000 per comprare un dollaro, fino a ieri ne bastavano 11.600. A Teheran si sono viste code davanti alle banche per comprare dollari, ma le banche non vendono più valuta. Perfino la Cina, il maggiore acquirente di petrolio iraniano e contraria alle nuove sanzioni, ha ridotto di quasi la metà le sue importazioni di petrolio iraniano sostituendolo con quello russo e vietnamita (e chiedendo all’Iran sconti per quello che continua a comprare).
Il pericolo maggiore è che accanto alla retorica belligerante non ci sia l’ombra di un’azione diplomatica, mai come oggi indispensabile, dice Trita Parsi, presidente dell’Associazione degli iraniani americani e firmatario di un appello a negoziare rivolto a Obama da numerosi esperti e diplomatici: una richiesta utopica nell’attuale campagna elettorale americana. Mentre la Marina sparava missili nel Golfo, esponenti del governo iraniano hanno rilanciato i negoziati con la Ue sul nucleare, interrotti un anno fa, ma l’Ue ha ribattuto che aspetta la risposta a una lettera inviata agli iraniani. Alain Juppé ha chiesto all’Europa di allinearsi con le sanzioni americane (la decisione europea è attesa a fine mese) e gli Usa hanno cominciato a riarmare i Paesi arabi amici, o comunque nemici del nemico.
La situazione può sfuggire di mano anche a causa delle crescenti tensioni politiche interne al regime, provocate da una lotta senza quartiere tra fautori del Leader supremo Khamenei (primo fra tutti il comandante dei Pasdaran Qassem Suleimani) e sostenitori di Ahmadinejad (che sembra aver perso terreno negli ultimi mesi), mentre si preparano le legislative che il regime considera una prova della propria legittimità . Ieri Faezeh Rafsanjani, figlia dell’ex presidente ed ex deputata che nel 2009 era stata vicina ai riformatori, è stata condannata “per propaganda contro il regime” a sei mesi di carcere e al divieto di attività politica per cinque anni. Il giorno prima il sito web del padre era stato bloccato dal regime, una misura impensabile fino a poco fa. Il boicottaggio delle elezioni (auspicato dai riformatori) sarà considerato un reato penale, ha detto la magistratura, mentre i Pasdaran hanno annunciato che anche loro, dopo la Marina, daranno il via a esercitazioni nel Golfo.
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