LE RIVOLTE E I FURBETTI

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Secondo una ricerca americana si possono contare oltre duecento famose rivolte fiscali nella storia dell’era cristiana, dal primo secolo ad oggi: da quelle legate ai grandi movimenti popolari di lotta per la libertà  – le grandi rivoluzioni americana francese russa – alle ribellioni popolari contro la tassa sul whiskey negli Stati Uniti o all’insurrezione provocata dalla bella Lady Godiva a Coventry nel 1067 contro il marito che aveva inflitto alla popolazione una tassa intollerabile, fino al punto di sfidarlo cavalcando nuda per la città .
Altre però sono le rivolte popolari contro l’oppressione fiscale, altri i fenomeni di evasione fiscale. Le prime sono condotte in nome della giustizia e della solidarietà , gli altri attraverso il privilegio e la diserzione. Tre sono le principali caratteristiche dell’evasione fiscale: l’indifferenza, la differenza, la privatezza. Indifferenza verso la solidarietà  sociale; differenza proclamata o praticata verso concittadini di altri luoghi o altri credi; privatezza, chiusura dei rapporti di solidarietà  entro l’ambito familistico.
Può senz’altro contribuire ad alimentare questi sentimenti una eccessiva pressione fiscale. È il caso, nell’antichità , della persecuzione dei cittadini romani oppressi dal fisco nella tarda età  imperiale: intollerabile fino al punto da indurli a rifugiarsi nelle terre dei barbari, Ma, in primo luogo, l’evasione si manifesta anche in presenza di regimi fiscali ragionevoli. Inoltre, la reazione sociale ad una pressione fiscale pesante è diversa secondo il contesto sociale. Ad esempio, all’inizio dell’età  moderna, la pressione fiscale delle grandi monarchie europee divenne particolarmente invadente: in Francia a causa delle continue guerre provocate dall’irresponsabile aggressività  di Luigi XIV che esigeva un massiccio finanziamento degli eserciti. In Inghilterra a causa delle conquiste coloniali, che comportavano l’onere di una grande flotta. Il peso rispettivo delle imposte nei due paesi era grosso modo equivalente. Ma la reazione politica fu diversa. In Francia, la borghesia reagì con una contestazione sempre più accanita, che sfociò poco più tardi nella rivoluzione. In Inghilterra in una contrapposizione certo energica tra i Comuni e la Corte, che tuttavia non giunse, se non in un breve periodo, a pregiudicare l’unità  politica del paese. La diversa reazione si deve al diverso grado di coesione sociale.
Quello dell’Italia, è il caso di un paese nel quale, a differenza della Francia e dell’Inghilterra, la nazione non si è consolidata nella forma dello Stato nazionale moderno, ma in quella di un conglomerato di Stati regionali prosperi per ricchezza, smaglianti per cultura, ma militarmente e politicamente fragili. L’Italia ha pagato la sua secolare egemonia con una secolare servitù che ha fiaccato il nerbo della coscienza civile e ostacolato la formazione di una coscienza nazionale. Ora, è proprio sulla coscienza civile e nazionale che si fonda in ultima analisi il rispetto dello Stato e la solidarietà  dei cittadini, entrambe gravemente carenti nel nostro paese. La particolare gravità  dell’evasione fiscale, di dieci punti superiore, ancora oggi, a quella della media europea, testimonia di questa inferiorità  sociale e morale. Di cui è espressione eloquente il benign neglect verso l’evasione fiscale di un recente Presidente del Consiglio che in nessun altro paese moderno avrebbe potuto manifestarlo.
Per consolarsi in qualche modo si può ricordare che al momento dell’unificazione, centocinquanta anni fa, non pagavano le tasse la metà  degli italiani. Sono stati ridotti a 25 per cento cinquanta anni fa e a 17 per cento oggi. Il tempo, almeno quello, è galantuomo.


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