«Si spara ancora sui dimostranti»

by Editore | 3 Gennaio 2012 8:51

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L’arrivo degli osservatori della Lega Araba a Damasco ha definitivamente internazionalizzato la crisi siriana – anche se non ha fatto cessare le violenze, come ha ammesso ieri in una conferenza stampa al Cairo il segretario della Lega Araba Nabil al Arabi. «Si spara ancora sui manifestanti e ci sono cecchini. ll nostro obiettivo è proteggere i civili, alzarci la mattina senza neanche una vittima» ha detto al Arabi, aggiungendo che i carriarmati si sono ritirati dalle città  e rifornimenti di cibo hanno raggiunto i residenti di Homs – ma «le ultime notizie parlano ancora di spari in diverse località , ed è difficile dire chi sta sparando chi». «Chiediamo al governo siriano di tener fede agli impegni assunti», ha detto il segretario della Lega araba. Il protocollo firmato il 2 novenbre scorso dal governo siriano prevede la fine delle violenze nel paese, il ritiro delle forze armate dal centro delle città , la liberazione dei prigionieri politici e il dialogo con l’opposizione per una soluzione politica della crisi. 
Damasco ha anche accettato una missione di 100 osservatori, per monitorare gli accordi: i primi sono arrivati il 23 dicembre; ora 70 osservatori sono al lavoro in 6 città  e altri 30 arriveranno nei prossimi giorni. Per il fine settimana è atteso il loro primo rapporto. Secondo al Arabi gli osservatori hanno ottenuto la liberazione di 3,848 prigionieri (ma non è chiaro se il numero include i 775 liberati il 28 dicembre scorso). Al Arabi ha difeso il capo missione, il generale sudanese Mohammed al Dabi, «militare rispettabile»: diverse ong internazionali lo accusano invece di gravi violazioni dei diritti umani e crimini di guerra in Darfur. 
Grandi sono le aspettative e numerosi i dubbi, sulla missione della Lega araba. L’arrivo dei primi osservatori il 23 dicembre è stato accompagnato da attentati kamikaze alle sedi dei servizi di sicurezza a Damasco, che hanno fatto 44 vittime: le autorità  li attribuiscono a al Qaeda, per l’opposizione sono opera del regime per dimostrare la presenza di bande terroriste. Gli oppositori accusano il regime di aver accettato la missione per guadagnare tempo e coprire la repressione. «Date alla missione la possibilità  di provare la propria presenza sul terreno», diceva ieri al Arabi. Gli osservatori hanno visitato Homs, la roccaforte della rivolta, e Daraa, la cittadina da cui lo scorso marzo sono partite le proteste. Mentre il generale Dhabi ha dichiarato di non aver rilevato «nulla di eccezionale» a Homs, un osservatore a Daraa ha dichiarato in un video di aver visto «cecchini sparare sulla folla».

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