Malore in aula per Tanzi al processo d’appello

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MILANO – È giallo (e polemica) sullo stato di salute di Calisto Tanzi. L’ex patron della Parmalat, responsabile del crac da 14 miliardi di euro che ha travolto oltre 100mila risparmiatori, è stato vittima di un malore durante un’udienza del processo d’appello per il fallimento di Collecchio in corso a Bologna. Tanzi – attualmente detenuto nel carcere della Burla di Parma – si è presentato in aula in manette e visibilmente smagrito e attorno alle 11.30 avrebbe accusato un lieve malessere. Il presidente del collegio ha concesso una pausa, ma poco dopo la ripresa del processo per bancarotta il principale imputato ha preferito abbandonare il tribunale emiliano per rientrare in cella. 

Non è la prima volta che Tanzi è vittima di malesseri passeggeri in aula. Legati, si è sempre detto, ai suoi cronici problemi cardiaci che l’avrebbero costretto negli ultimi mesi a un delicato intervento. In questa occasione però i suoi difensori hanno colto la palla al balzo per lanciare l’allarme sullo stato di salute del loro assistito: «Non si è sentito molto bene – ha spiegato Gianpiero Biancolella, uno dei legali -. Questa è la prova evidente dei motivi sociali e umanitari per cui il legislatore ha previsto che un ultrasettantenne, ove non vi fossero motivi ostativi, e nel caso di Tanzi non ci sono, potesse scontare in detenzione domiciliare il residuo della pena».
L’ex numero uno di Parmalat ha già  collezionato tre condanne per il crac. La più grave (per le sue conseguenze pratiche) è quella definitiva a otto anni per aggiotaggio che ha portato al suo arresto e alla detenzione in carcere. A questa si aggiungono i 18 anni di pena incassati in primo grado nel filone principale del processo per bancarotta e i nove anni che gli sono stati comminati per il buco di Parmatour.
Il regista delle operazioni che hanno portato al fallimento di Collecchio sperava di aver saldato del tutto i suoi conti con la Giustizia per questioni di età  (oggi ha 73 anni) grazie ai quattro mesi di detenzione preventiva seguiti agli arresti del dicembre 2003. Due giorni dopo la condanna definitiva nel processo di Milano però, nel maggio scorso, è stato ritrasferito in carcere per scontare dietro le sbarre 4 anni e quattro mesi di pena. Una sentenza ridotta grazie ai 3 anni di bonus per l’indulto e al periodo già  passato tra il Burla e gli arresti domiciliari nella villa di famiglia a Fontanini di Vigatto. 
«Tanzi ha voluto intervenire ieri in tribunale perchè uno dei motivi per cui non gli è stata concessa la detenzione domiciliare è stato la sua mancata presenza ad alcune udienze giustificate da motivi di salute – ha aggiunto Biancolella –. Credo che vedendolo ci si renda conto di quali siano le sue reali condizioni»
I difensori hanno spiegato di aver presentato una nuova istanza per ottenere gli arresti domiciliari per il loro assistito, ma che sarà  discussa solo a marzo. «Abbiamo timore per la sua vita – ha detto Biancolella – non è un problema di adeguatezza della cura. È evidente che è il regime carcerario a creare questa situazione».


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