Mezzo miliardo di danni «Lo spreco delle arance»

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Dopo l’«assedio» è il momento dei conti: il danno economico dello sciopero dei Tir, che per sei giorni ha paralizzato la Sicilia, è stimato fra i 300 e i 500 milioni. Confindustria parla di 50milioni solo nelle province di Siracusa, Catania e Palermo, dove oltre due mila lavoratori potrebbero ritrovarsi in cassa integrazione. 
I sei giorni di stop degli autotrasportatori di «Forza d’Urto» sono costati 50 milioni al settore agroalimentare: ne sanno qualcosa gli imprenditori dell’isola, che ora fanno un amaro bilancio. Centocinquanta, forse duecento mila chili di arance già  pronte per partire verso l’Europa e che non saranno mai consegnate. 
«Germania, Inghilterra, Francia, i nostri principali acquirenti: per colpa dei blocchi abbiamo dovuto annullare ordini importanti», dice Gian Giacomo Borghese, proprietario e amministratore dell’azienda agricola biologica «Il Biviere», uno dei più grandi distributori di agrumi della Sicilia. Da 40 anni l’agrumeto della tenuta di Lentini, nel cuore del Triangolo d’Oro delle arance in Sicilia, rifornisce la grande distribuzione europea e qualche buongustaio privato (comprese alcune case reali) con un giro di affari annuo di 3 milioni di chili distribuiti. 
L’unica, magra consolazione è che quella frutta non è mai stata raccolta, e almeno non andrà  al macero: adesso che la protesta dei «forconi» è scemata e in Sicilia si allentano i presidi, Borghese spera che tutto torni alla normalità . «Ma certamente in cinque giorni sono riusciti a danneggiare il lavoro attento e puntuale di un’azienda con 40 anni di storia», spiega. 
Tra i «postumi» del blackout dei trasporti, il più maldigerito dall’imprenditore siciliano è la perdita di una sorta di «monopolio» acquisito in molti anni di ordini presi e rispettati. 
«Dalla prossima stagione, i nostri acquirenti europei, per mettersi al riparo da un altro eventuale corto circuito si approvvigioneranno anche dalla Spagna». 
Ma c’è di più. L’invalicabilità  dei confini, per «Il Biviere» è coinciso con l’annullamento di quelle che in azienda vengono chiamate «promozioni». «Quando un supermercato vuole spingere un prodotto applicando un prezzo più basso, fa ordini superiori al normale. Noi, in questi giorni, abbiamo perso ben due promozioni europee: dovremo lavorare sodo per ammortizzare la perdita e mi chiedo se mettere alla prova una regione già  colpita dalla crisi fosse il modo migliore per far sentire la propria voce». 
Il boomerang della protesta si è visto anche a Palermo, in via Roma, uno dei luoghi più battuti per lo shopping, dove molti negozi erano chiusi e in strada c’erano pochissime persone, nonostante i saldi. «La gente a Palermo è abituata a usare l’auto anche per fare pochi chilometri, con la scarsità  di benzina molti hanno scelto di rimanere a casa: ho assistito a scene surreali, come la fila dal fornaio per un chilo di pane», spiega Borghese.
La condivisione di alcuni temi della protesta, come il costo del carburante, non spingerà  l’imprenditore fino a Roma, per proseguire la contestazione oltre i confini della Sicilia. «C’è poco da muoversi, da oggi si torna a lavorare per recuperare quello è andato perduto, per giunta in un settore che ora che si parla di liberalizzazioni, è uno dei più liberi che c’è, con prezzi determinati non da noi ma a livello europeo. La concorrenza è elevata, la tensione sempre alta, francamente questa cosa non ci voleva».


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