Michelle, la first lady di ferro che piega i consiglieri di Obama

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Michelle Obama, in privato, era furente non solo con il team del presidente, ma anche con suo marito. Nei giorni successivi alla perdita da parte dei democratici del seggio al Senato di Edward Kennedy, nel gennaio del 2010, la first lady non riusciva a spiegarsi come la Casa Bianca avesse potuto farsi sfuggire quel seggio cruciale per far passare la riforma sanitaria del presidente. Per lei questa perdita dimostrava quel che diceva da tempo: i consiglieri di Barack Obama avevano una visione troppo ristretta e non abbastanza strategica. Obama confidò: «Ha l’impressione che il timone non sia orientato nella direzione giusta». Rahm Emanuel, allora capo di gabinetto della Casa Bianca, ha negato di essersi offeso per l’atteggiamento della signora Obama, ma altri consulenti hanno descritto una situazione sgradevole: un presidente il cui programma rischiava di arenarsi, una first lady che disapprovava l’orientamento preso dalla Casa Bianca e un capo di Gabinetto irritato dalla sua influenza.
La Michelle Obama del gennaio 2012 è una donna esperta, capace di motivare e di affascinare, una campionessa delle cause sicure come l’aiuto alle famiglie dei militari e la lotta all’obesità  infantile, una protagonista della politica sempre più attenta, ansiosa di mettere a disposizione la sua popolarità  nella campagna per la rielezione del marito. Le interviste con più di 30 collaboratori passati e attuali, nonché con alcuni tra gli amici più intimi della coppia presidenziale, realizzate per il libro, The Obamas, mostrano però che la sua storia è stata quella prima di una lotta, poi di una svolta e di molte soddisfazioni. La signora Obama è una moglie sempre disposta a sostenere il marito ma spesso ansiosa, che diffida del pensiero politico convenzionale, una figura innovativa che ha sentito in modo acuto le pressioni e le potenzialità  dell’essere la prima afroamericana a raggiungere la sua posizione e una first lady che si è impegnata per rendere il proprio ruolo più significativo.
Pur sorprendendo gli americani per il suo calore, il suo fascino e la sua ospitalità  fin dagli inizi del mandato, la signora Obama si sentiva molto frustrata. Avvocato, laureata a Harvard, aveva rinunciato alla sua carriera per una posizione che all’inizio le sembrava inutile e aveva tentato di limitare le sue uscite in pubblico; alla Casa Bianca, la difficoltà  di coinvolgere la signora Obama in un evento era proverbiale.
Anche l’isolamento della Casa Bianca fu per lei uno shock; all’improvviso si trovava tagliata fuori dalla sua vita e dalle sue abitudini, ed esitava perfino a portare le figlie a scuola per paura di creare un problema. Michelle Obama si trovò spesso al centro di dibattiti interni su come gli Obama dovessero vivere e apparire, viaggiare e ricevere gli ospiti. Come prima first lady afroamericana, voleva che tutto fosse impeccabile; aveva la sensazione che «tutti aspettassero che una donna di colore facesse un errore».
Ma i consiglieri del marito, in particolare l’ex portavoce Robert Gibbs, erano preoccupati che la Casa Bianca potesse apparire insensibile alla rabbia dell’opinione pubblica per la disoccupazione, gli aiuti e le liquidazioni ai banchieri. Il risultato fu un costante e angosciante tira e molla fra la East Wing e la West Wing (nell’ala Ovest della Casa Bianca si trova lo studio del presidente, nell’ala Est l’abitazione, ndt) sulle vacanze, l’arredamento, i ricevimenti e perfino su questioni trascurabili come annunciare o meno l’assunzione di un nuovo fioraio.
La first lady, per quanto inesperta, identificava però presto i problemi. Fin dall’inizio, si preoccupò che la Casa Bianca presentasse all’opinione pubblica un resoconto chiaro e convincente delle attività  del presidente. Voleva contribuire a promuovere la riforma sanitaria nella primavera del 2009. «Trovate il modo di usarmi in modo efficace», disse ai suoi collaboratori. Ma la maggior parte dei consulenti della West Wing non tenne conto della sua disponibilità .
La tensione nei rapporti tra l’ala Est e l’ala Ovest rimase un problema velato finché, nel settembre del 2010, la situazione esplose. La mattina del 16 settembre, Gibbs stava leggendo le notizie quando un articolo lo fece trasalire: secondo un libro pubblicato in Francia, Michelle Obama aveva detto a Carla Bruni-Sarkozy, che vivere alla Casa Bianca era «un inferno». Gibbs cercò per ore di replicare all’articolo, convincendo l’Eliseo a pubblicare una smentita. A mezzogiorno, il potenziale disastro era scongiurato. Ma alla riunione delle 7:30 convocata il giorno dopo da Emanuel, Jarrett disse che la first lady era preoccupata per la risposta della Casa Bianca al libro. Gibbs mandò a quel paese la first lady, mentre i colleghi abbassavano gli occhi scandalizzati, e se ne andò.
Ormai, la traiettoria di Michelle Obama alla Casa Bianca stava cambiando. Stava poco a poco ridefinendo quel ruolo che le era sembrato inutile, lo stava facendo suo. A volte il suo lavoro le sembrava una risposta in miniatura a ciò che andava male con la presidenza. Se la riforma sanitaria di suo marito era impopolare, lei si lanciava in una campagna sull’alimentazione e sull’attività  fisica, che in fondo aveva lo stesso obiettivo: migliorare le condizioni di salute, abbassando i costi. Se suo marito non comunicava con il pubblico, lei lo conquistava con discorsi vibranti.
La sua popolarità , con il calo di consenso di suo marito, le dava più leva di quanta non ne avesse all’inizio del mandato. Un incontro nello Studio ovale alcune settimane prima delle elezioni di mediotermine del 2010, confermò il cambiamento della sua posizione. I membri dello staff del presidente presentarono uno per uno agli Obama argomenti e statistiche su come la first lady avrebbe potuto contribuire a raccogliere voti. 
Ora che suo marito si trova ad affrontare una dura battaglia per la sua rielezione, la sua insicurezza è svanita: è pronta a impegnarsi in modo totale, ha detto ai suoi collaboratori. Se Michelle Obama ha avuto a volte un ruolo critico dall’interno, è anche la più determinata sostenitrice di suo marito. Pur continuando a evitare di entrare nei dettagli politici o in discussioni strategiche, ha oggi il ruolo che cercava nell’amplificare il messaggio del presidente. “La vedo più rilassata di quanto non l’abbia mai vista da quando lui si è candidato alla presidenza, e questa è un’ottima cosa”, ha detto David Axelrod.
*(Il testo è un adattamento del libro “The Obamas”
©New York Times
La Repubblica 
Traduzione Luis E. Moriones)


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