Milano, già  da un mese sul «nido del cuculo»

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MILANO Rassegnata esaltazione. Da più di un mese Carmine Rotatore, Oliviero Cassini e Beppe Gison sono appollaiati in quattro metri quadri sulla torre del binario 21 della Stazione Centrale di Milano. Non hanno più tanta voglia di farsi fotografare come chi sta tentando di entrare nel guinness dei primati. Il tempo in cui la spettacolare forma di lotta doveva servire ad attirare l’attenzione è finito. Adesso conta la sostanza. Carmine, Oliviero e Beppe lottano disperatamente e eroicamente per poter continuare a lavorare e per salvare un servizio pubblico. Chiedono che non vengano cancellati i treni notturni e con loro 800 posti di lavoro. La loro straordinaria mossa della torre gli ha permesso di giocare a testa alta una partita a scacchi con la dirigenza di Trenitalia che però dopo un mese rischia lo stallo. 
Sotto la torre l’alberello di natale è ormai un cimelio, come i panettoni e le calze della befane. Le feste sono passate anche sul «nido del cuculo» – così chiamano il loro presidio volante. Sotto il presidio permanente è sempre molto animato, tende e vettovaglie a cura dei «lupi della Sila», compagni calabresi che impadellano ogni giorno una nuova leccornia. Nonostante tutto lo spirito è alto e auto-ironico. Quei tre lassù rappresentano tutti i lavoratori che rischiano di restare a casa e tutti i cittadini che perdono un servizio, ma anche un pezzo di storia del paese. Una storia di viaggi in treno di notte su e giù per la penisola che risuona nell’accento meridionale alla milanese di questi lavoratori e che Trenitalia vuole cancellare. 
La sensazione di avere trasformato quella torre in un avamposto di lotta che buca l’indifferenza è esaltante. Ogni giorno che passa, però, si scontra con la frustrazione di non riuscire a cambiare le cose. Scendere da sconfitti è inaccettabile. Ma restare lassù è sfiancante e pericoloso. Ogni mattina i lavoratori cercano un barlume di novità  negli occhi di Vincenzo Mazzeo, il delegato della Filt Cgil che qui passa tutti i giorni dalle sei del mattino alle 19. «Se sono incazzato sanno che va male, se invece canto una canzone napoletana riprendono animo». 
I treni fischiano per salutare ma dal binario 21 non si risponde più con applausi, si grida ai macchinisti di fare sciopero, almeno cinque minuti. L’estetica dell’impresa eroica non basta. E neppure la solidarietà  sterile. Servono risultati concreti. Ma la politica, al di là  dell’appoggio dei singoli, tace e lascia fare i tecnici. Sul fronte sindacale si procede a passo ridotto: dopo l’accordo farsa firmato in Lombardia da Uil e Cisl, ma non dalla Cgil, bisognerà  attendere che falliscano anche gli altri tentativi di accordi separati su base regionale. Solo allora si potrà  rilanciare una trattativa nazionale. A questo punta la Filt Cgil, lo ribadiscono il segretario milanese Stefano Malorgio e il segretario nazionale Alessandro Rocchi. Fino a quel momento bisogna resistere. 
Ieri per la seconda volta sotto la torre è venuto il segretario del Prc Paolo Ferrero: «Il silenzio delle istituzioni è una vergogna, si punta a sfiancare chi protesta non degnandolo di una risposta. Un gatto su una torre verrebbe soccorso, invece tre lavoratori dopo un mese vengono lasciati lassù come se nulla fosse». Oggi alle 16 al binario 21 è convocata un’assemblea cittadina.


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