“Grecia, default a marzo senza austerity”

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MILANO – La Grecia – e quindi l’Europa – rischiano davvero grosso. Ed è lo stesso premier Lucas Papademos ad alzare bandiera bianca: il paese è ad un passo dal fallimento e dall’uscita dall’euro. Una manciata di settimane separano ormai Atene dal baratro: il paese, ha detto Papademos, «fallirà  a marzo se non sarà  raggiunto un accordo con la Troika e i creditori privati di Atene». Il premier ha aggiunto che «a metà  gennaio riprenderanno le trattative con la Comunità  internazionale per mettere a punto un piano economico-finanziario credibile per il triennio 2012-2015». Due sono i passaggi-chiave: i negoziati con la Troika – Ue, Bce e Fmi – e le trattative con i creditori privati. Ma il tempo stringe: il 20 marzo scadranno titoli per 14 miliardi. Senza un accordo prima, con i vertici di Bruxelles, non verrà  erogata la prima tranche del nuovo pacchetto di aiuti alla Grecia da 89 miliardi di euro, deciso al Vertice europeo del 26 ottobre scorso, e il paese andrà  in default. Per questo, ha detto ancora il premier greco, «è necessario accettare sacrifici limitati per evitare la catastrofe», riferendosi non solo alla lotta all’evasione e alla riforma del sistema fiscale, ma anche al «taglio degli stipendi nel breve termine, per ritornare competitivi», nonostante il paese sia ormai in ginocchio, dopo tre anni di crisi. Ieri i titoli decennali greci venivano scambiati ad un prezzo di 25,6.
Crisi del debito e rinnovati timori per il finanziamento degli Stati hanno spinto pesantemente al ribasso le Borse europee: alla campanella di chiusura a Milano è andata la maglia nera (-2% il Ftse Mib) davanti a Madrid (-1,7%), Parigi (-1,6%) e Francoforte (-0,9%), mentre il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, ha chiesto interventi rapidi e coordinati da parte dei governi ammonendo che «l’Europa è sull’orlo della recessione». Del resto i segnali provenienti dal mercato interbancario dei capitali sono di grande diffidenza: ieri c’è stato l’aumento dei prestiti d’emergenza Bce chiesti dalle banche (a 15 miliardi dai 14,8 del giorno prima), mentre si è registrato un nuovo record per i depositi a un giorno nelle casse dell’Eurotower (453,2 miliardi). Dunque, crisi di fiducia delle banche tra loro e credit crunch: un cocktail che minaccia di paralizzare l’economia, avverte Standard & Poor’s. 
Per cercare di rassicurare i mercati la Bce è nuovamente intervenuta acquistando titoli di Stato italiani e spagnoli, ma anche di Portogallo e Irlanda, mentre lo spread tra Btp e Bund resta intorno ai 500 punti e i Cds sull’Italia è salito a fino a 515, mentre quello sulla Spagna ha toccato i 435 punti, anche a causa dei rumor – smentiti dal governo spagnolo – su una possibile richiesta di aiuti da parte di Madrid. 
In mattinata invece erano andate bene le aste di titoli di stato del Portogallo e della Germania, con rendimenti in calo. Ma Berlino ha collocato Bund decennali per 4 miliardi, sotto il massimo dei 5 miliardi previsto (1,93% il rendimento contro 1,98 dell’asta precedente). «L’asta non è stata brillante – spiega l’analista di Westpac Richard Franulovich – in un mercato più difensivo con il riaffacciarsi del rischio Spagna». Sempre più grave invece la situazione in Ungheria, alle prese con un crisi istituzionale e politica molto forte: ieri il fiorino è andato a picco nei confronti dell’euro, mentre è salito a 700 il credit default swap.


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