“No ai parchi nelle mani dei partiti” la riforma fa litigare gli ambientalisti

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Un’inedita e clamorosa polemica minaccia di dividere il movimento ambientalista e di spaccare la galassia delle associazioni. Pomo della discordia, la riforma dei Parchi nazionali all’esame del Parlamento, a vent’anni di distanza dall’introduzione della legge 394. E la “querelle” rischia di coinvolgere anche i senatori eco-dem, Francesco Ferrante e Roberto Della Seta, che stanno seguendo l’iter del provvedimento a palazzo Madama.

Con una pagina pubblicitaria, apparsa ieri sul nostro giornale, il Fondo per l’ambiente italiano (FAI), Italia Nostra, Mountain wilderness, la Lega per la protezione degli uccelli (Lipu)e il Wwf, hanno lanciato un “appello per fermare una riforma inutilee dannosa”:a loro giudizio, stravolgerebbe il sistema dei Parchi compromettendone la funzione primaria di tutela ambientale e quindi l’attrattiva turistica. Secondo questo fronte, le modifiche alla legge 394 intendono alterare il delicato equilibrio della “governance” frai ministeri dell’Ambiente e dell’Agricoltura, del mondo scientifico, delle associazioni e degli enti locali, spostandolo “a vantaggio dei rappresentanti di interessi locali e di settore”. E ciò non farebbe che “aumentare la politicizzazione degli Enti Parchi”. Le associazioni che hanno lanciato l’appello contro la riforma denunciano poi la “possibilità  di cacciare nelle aree protette con la scusa del controllo delle specie aliene”. E infine, contestano il “meccanismo di finanziamento degli Enti Parchi con l’introduzione di una royalty o di canoni su alcune attività  a elevato impatto ambientale” (la coltivazione di idrocarburi, gli impianti idroelettricioa biomasse).

Sul fronte opposto, insieme a Federparchi e a Legambiente, si schiera anche la Coldiretti, la principale organizzazione degli imprenditori agricoli a livello nazionale ed europeo, presieduta da Sergio Marini, con un milione e mezzo di associati. In comune, questi tre soggetti manifestano una maggiore attenzione alle esigenze di carattere economico e in particolare a quelle dell’agricoltura.

In difesa della riforma, interviene il presidente di Federparchi, Giampiero Sammuri: «Le modifiche che si stanno delineando sono da giudicare utili e positive». E aggiunge che «i limitati e parziali interventi previsti non sono certo una mannaia sui parchi e sulla loro efficacia gestionale: in alcuni casi possono produrre una maggiore capacità  d’azione, in altri migliore chiarezza su strumenti e opportunità , in altri ancora la riaffermazione, rafforzata ed estesa, di competenze e prerogative, come quelle sulla gestione della fauna».

Ancora più dura la replica di Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente, in polemica aperta con le cinque associazioni firmatarie dell’appello: «È un ambientalismo alla Walt Disney, più da giovani marmotte che da moderni ambientalisti. Agricoltori ed enti locali non sono il lupo cattivo. Noi non abbiamo nessuna paura di modificare la legge 394/91 sui parchi per rilanciarne la funzionee renderli più efficienti». A suo parere, l’iter parlamentare della riforma «va nella giusta direzione prevedendo provvedimenti che velocizzano le nomine, semplificano la governance degli Enti Parchi, liberano dalle pastoie della cattiva politica e sburocratizzano organismi che rischiano, così restando, di apparire inutili carrozzoni». Di rincalzo, la Coldiretti ribatte che nella legge 394 l’agricoltura ha “uno spazio residuale”, mentre le attività  del settore rispondono a “logiche di investimento e di sviluppo”. Da qui, appunto, la necessità  di essere «più coraggiosi al fine di costruire un più deciso collegamento tra sviluppo dell’agricoltura e salvaguardia della natura». Per l’associazione guidata da Marini, insomma, «si tratta di mettere a punto una strategia di valorizzazione del territorio, in cui è possibile inserire la serie delle aree naturali protette che identificano e circoscrivono particolari habitat con tutti i connessi valori naturali e culturali».


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