Repubblicani, ora è una corsa a tre

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DES MOINES (Iowa) — «Romney 105 voti, Paul 47, Santorum 17, Gingrich 4, zero per Bachmann e Perry». Nella palestra della scuola media Merrill, periferia occidentale di Des Moines, il presidente del seggio legge i risultati agli elettori arrivati alla riunione del «caucus» con tanto di bambini in braccio. Li ha appena presi da un tavolo posto al centro del campo di basket dove si è svolto uno scrutinio alquanto «ruspante» davanti a molti cronisti e cameraman che il presidente ha tentato invano di allontanare: i foglietti viola coi quali ogni repubblicano registrato ha votato sono stati contati e inseriti in buste commerciali su ognuna delle quali è scritto a pennarello il nome di un candidato. Pochi metri più in là , nel teatro della scuola, un altro seggio del «caucus», che ha iniziato i suoi lavori con un po’ di ritardo, è scosso dalle proteste dal rappresentante di Ron Paul che si alza indignato quando un altro residente del quartiere, che parla per conto di Perry, afferma che il leader libertario non può sfondare a livello nazionale.
L’Iowa, stavolta solo quello repubblicano perché Barack Obama ha già  in tasca la «nomination» democratica, ha compiuto l’altra sera il suo tradizionale rito politico di apertura della campagna presidenziale, premiando Mitt Romney e la sorpresa Rick Santorum. Separati da appena otto voti (l’ex governatore del Massachusetts ha vinto con 30.015 suffragi), i due si sono divisi a metà  i delegati in palio (che, per un farraginoso meccanismo elettorale, verranno materialmente scelti solo in tarda primavera). Buon terzo, col 21,4 per cento (rispetto al 24,6 e 24,5 dei due battistrada) il libertario Ron Paul, subito partito per il New Hampshire, dove si vota la prossima settimana, per continuare la sua vigorosa campagna.
Il vecchio Paul (74 anni, il decano di questa tornata elettorale) vola sulle ali dell’entusiasmo di tanti giovani radicali che adorano questo ginecologo prestato alla politica per le sue idee nette, senza compromessi: Stato che deve occuparsi di garantire la libertà  dei cittadini e non di cercare di influenzare (anche per migliorarle) le loro condizioni di vita. Idee che non piacciono a molti conservatori tradizionali perché danno spazio all’antimilitarismo, alla droga libera, non proibiscono i matrimoni gay, ma che fanno proseliti tra gli indipendenti e nei Tea Party, dove la volontà  di abbattere il debito e ridimensionare il governo prevale sulla difesa dei valori etico-religiosi della destra.
La rivelazione, ovviamente, è Santorum, spuntato negli ultimi giorni, dopo un anno di dibattiti vissuto nell’ombra. Certo, ora dovrà  dimostrare di essere qualcosa di più dell’ultima carta rimasta alla destra conservatrice dopo che tutti gli altri candidati sui quali aveva puntato – Newt Gingrich, Michele Bachmann, Rick Perry, Herman Cain – le sono esplosi tra le mani. E dovrà  farlo già  nelle prossime settimane in Stati come il South Carolina e la Florida che, benché conservatori, dovrebbero avere un elettorato meno ideologico di quello dell’Iowa (60 per cento di evangelici tra i repubblicani che votano al «caucus»).
Da questo Stato del Mid West sono usciti sconfitti Michele Bachmann (5 per cento dei suffragi) e il governatore del Texas, Rick Perry (ha racimolato il 10 per cento dopo aver investito un fiume di denaro in questa campagna). La Bachmann si è già  ritirata. Perry, che ha annunciato una «pausa di riflessione», si accinge a farlo. Probabilmente è fuori dai giochi anche Newt Gingrich (13 per cento) che sembra voler andare avanti soprattutto per attaccare Romney che considera il regista occulto della campagna di «spot» che ha trasformato i suoi comizi in un calvario di domande imbarazzanti sulla sua turbolenta vita privata, sui suoi redditi e su alcune sue discutibili scelte politiche.
L’italoamericano Rick Santorum, che è cattolico e non evangelico, fin qui non aveva scaldato i cuori per la sua immagine troppo bigotta, la fama di «loser» (senatore «trombato» della Pennsylvania) e la scarsa preparazione economica. Ma gli elettori conservatori dell’Iowa, pur dichiarando ai sondaggisti di essere preoccupati per l’andamento dell’economia (43%) e per la crescita del debito (37%), assai più che dell’aborto (13%), alla fine hanno premiato Santorum. Che, col suo sorriso candido, ha ringraziato Dio e l’Iowa per questo successo, parlando con commozione della sua avventura umana: dalla fuga del nonno da un’Italia schiacciata sotto lo stivale di Mussolini alla scelta sofferta di far nascere Isabella Maria, una figlia disabile che sopravvive in condizioni difficilissime.
Romney, intanto è volato in New Hampshire dove ha incassato il sostegno di John McCain. Qui vincerà  facile, ma sarà  interessante vedere come si comporterà  il campione della destra religiosa al quale il sondaggio di ieri della Cnn attribuisce consensi già  raddoppiati, dal 5 al 10 per cento.


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