Romney alla prova New Hampshire “Ormai ha la nomination in tasca”

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MANCHESTER (New Hampshire) – «È fatta, domani sera Mitt Romney avrà  la nomination repubblicana in tasca». Il verdetto è di John Podhoretz, storico intellettuale neoconservatore e grande esperto di battaglie elettorali. La sua certezza non nasce solo dal fatto che qui nel New Hampshire, per la primaria che si tiene domani, il moderato Romney ha un vantaggio enorme: tutti i sondaggi lo danno finora sopra il 40%, con almeno venti punti di distacco sugli inseguitori grazie anche al peso degli indipendenti che qui possono votare in una prima di partito. Ma ancora più significativo è il fatto che per la prima volta dopo l’Iowa Romney vede la possibilità  di un tris vincente: la sua quotazione ora è in aumento anche nella terza tappa che sarà  la South Carolina, Stato sudista molto più conservatore e perfino bigotto rispetto agli standard progressisti del New England (di cui fa parte il New Hampshire, come il Massachusetts di cui Romney fu governatore). Se fosse così, la corsa a destra si chiuderebbe anzitempo. I rivali però non credono affatto a questo scenario. La prova: durante il weekend, negli ultimi due dibattiti televisivi, gli altri repubblicani anziché attaccare Romney si sono dilaniati fra loro. È segno che la “battaglia per il secondo posto” furoreggia, ha quindi un valore strategico. Questo si giustifica solo in previsione di una lunga “guerra di movimento”, dove il numero due punterà  a logorare Romney sulla distanza.
Questo è senza dubbio il disegno di Rick Santorum, l’italo-americano ex senatore della Pennsylvania che grazie al sorprendente risultato nell’Iowa (25%, un quasi pareggio con Romney) è ora il beniamino della base più radicale. Che lui continua a corteggiare, per esempio con gli attacchi virulenti sferrati ai gay o ai palestinesi, due temi su cui si colloca all’estrema destra. In tv sabato sera e domenica mattina, nei due ultimi dibattiti prima del New Hampshire Santorum ha riservato solo un attacco a Romney: «A differenza dell’ex governatore del Massachusetts io mi sono sempre battuto contro un sistema sanitario obbligatorio, come quello introdotto da Barack Obama. E io sono sempre stato contrario al salvataggio di Wall Street, lui no». La battaglia per il secondo posto vede in buona forma Ron Paul, il texano che incarna l’anima ultraliberista e libertaria: lui ha menato fendenti contro Santorum e Newt Gingrich accusando entrambi di essere «al servizio delle grandi lobby, pagati profumatamente per difendere interessi economici di parte». Paul è una spina nel fianco per il partito repubblicano: l’incubo è che, non potendo vincere la nomination con le sue posizioni così estreme, lui finisca per correre alle presidenziali di novembre come terzo candidato indipendente portando via voti preziosi all’avversario di Obama. Un altro personaggio che attira attenzione per la prima volta è Jon Huntsman. L’ex ambasciatore in Cina ha saltato il caucus dell’Iowa per concentrarsi sul New Hampshire. È il più moderato, perfino liberal, anche rispetto a Romney. Proprio per questo ha ricevuto l’appoggio del più autorevole quotidiano diffuso in quest’area, il Boston Globe. E proprio per questo sembra anomalo e isolato in questa destra in preda a una deriva estremista.
Il New Hampshire ha un ruolo chiave nella storia delle primarie americane. È stato il teatro di battaglie “epiche”: tra Ronald Reagan e Bush padre, poi tra Bush figlio e John McCain in campo repubblicano; fu qui che Bill Clinton ebbe un successo prezioso che lo fece emergere nel 1992. Non è necessariamente un test infallibile: Obama perse questa primaria a sorpresa contro Hillary Clinton nel 2008. Quest’anno non c’è contesa in campo democratico dove si ricandida il presidente uscente, senza rivali. Per il presidente però il New Hampshire è un territorio importante: Obama qui vinse l’elezione generale nel 2008, quest’anno invece per l’impatto della crisi economica è considerato come uno degli Stati in bilico, che un repubblicano potrebbe conquistare. Sull’economia nazionale una novità  si è verificata venerdì: il buon dato sull’occupazione (200.000 posti di lavoro aggiuntivi) lascia sperare che a novembre la destra non sia più così certa di avere il vento in poppa. Romney ha cercato di parare subito il colpo: «Obama non ha nessun merito per il lieve miglioramento sul mercato del lavoro. È come se il gallo si prendesse il merito perché si alza la luce del sole al mattino».


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