Schulz: basta egemonia delle agenzie di rating

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BRUXELLES — A farlo conoscere in Italia fu l’allora premier Silvio Berlusconi, che in un clamoroso scontro nell’Aula di Strasburgo lo paragonò a un kapò nazista. Ma il leader degli eurodeputati socialisti S & D, il tedesco Martin Schulz, sta ora per diventare noto in tutta Europa. Domani mattina a Strasburgo deve essere votato presidente dell’Europarlamento al posto del popolare polacco Jerzy Buzek. La tradizionale spartizione a metà  del mandato tra i due principali partiti, i popolari Ppe (a cui aderisce il Pdl) e S & D (che accoglie il Pd), lo rende di fatto l’unico candidato con una maggioranza. 
Negli ultimi mesi Schulz ha promosso l’opposizione dell’Europarlamento alle politiche di austerità  con cui il Consiglio dei governi e la Commissione Europea intendono affrontare la crisi. «Rilancio della crescita e dell’occupazione, più soldi nelle tasche dei lavoratori, potenziamento del welfare, tassa sulle transazioni finanziarie, regole più rigide anti-speculazione anche per le banche e le agenzie di rating, aumento del fondo salva-Stati, emissioni di eurobond». Questo è il pacchetto di misure che ha indicato al Corriere e che ha un consenso maggioritario a Strasburgo grazie all’appoggio del Ppe, dei Verdi e in parte anche dei liberali. Potrebbe portare alla bocciatura in Aula del patto di più rigida disciplina di bilancio, concordato dai governi su pressione dell’asse franco-tedesco composto dalla cancelliera Angela Merkel e dal presidente Nicolas Sarkozy, entrambi del Ppe, ma ormai nel mirino degli eurodeputati di molte aree.
«La mia prima sfida da presidente dell’Europarlamento sarà  con il Consiglio — dice Schulz —. Intendo far capire ai capi di governo che gli eurodeputati vogliono vedere attuati sempre di più gli interessi collettivi dei 500 milioni di cittadini dei 27 Paesi membri. Decidere per l’Europa divisi in tre livelli — prima l’asse franco-tedesco, poi i 17 dell’Eurozona e poi l’Ue a 27 membri — è un errore». 
Di fatto però a decidere quasi tutto a livello Ue è sempre la Merkel con Sarkozy…
«E non va bene. Negli ultimi 5 o 6 summit anti-crisi è stato annunciato un risultato storico, che poi non era tale e ha richiesto un vertice successivo. Anche ora attendiamo il summit di fine gennaio. Molti cittadini non votano alle elezioni europee proprio perché spesso non produciamo quello che promettiamo».
L’Unione Europea continua a spendere principalmente per salvare le banche e non per rilanciare la crescita e l’occupazione. Sembrano quindi prevalere le lobby potenti…
«Insisteremo con i capi di governo perché senza più crescita e occupazione non si esce dalla crisi. Serve anche più coraggio contro la speculazione. Vanno aumentate le restrizioni iniziali sollecitate proprio dall’Europarlamento». 
Il suo partito ha chiesto di vigilare sui finanziamenti della Bce a bassissimo costo per le banche e ha attaccato le agenzie di rating anglo-Usa…
«Ho scritto alla Commissione Europea per porre fine al monopolio di quelle agenzie di rating. Ho poi chiesto all’Autorità  europea di supervisione di indagare sulle loro ultime valutazioni sugli Stati membri. In caso di violazioni della normativa Ue vanno avviate azioni risarcitorie. È un buon segno che Merkel e Sarkozy nell’ultimo summit, nonostante l’irrigidimento del premier Cameron, abbiano respinto le richieste britanniche in difesa delle banche e delle altre entità  finanziarie della City di Londra».
Anche l’Europarlamento ha le sue colpe…
«Ma abbiamo dimostrato che possiamo essere decisivi. Abbiamo imposto una versione del six pack, sulla più rigorosa disciplina di bilancio, più efficace di quella concordata dai governi, sebbene il mio gruppo già  allora avesse denunciato l’assenza di misure per la crescita. E’ stato il nostro no all’accordo Ue-Usa sull’accesso alle informazioni finanziarie del sistema Swift a produrre una revisione più rispettosa dei diritti dei cittadini europei. Il nostro obiettivo è moltiplicare questi interventi decisivi nell’interesse dei cittadini».
Le lobby potenti restano però troppo influenti a Bruxelles e anche nell’Europarlamento…
«Quando scoppiò lo scandalo degli emendamenti pagati da lobbisti ho espulso in 24 ore dal mio partito un eurodeputato coinvolto. Poi abbiamo varato nuove regole più rigorose, che ritengo valide. Se si rivelassero insufficienti a evitare deviazioni nel rapporto con le lobby, le potenzieremo». 
La presidenza danese di turno dell’Ue porta l’esempio di un mercato del lavoro con flessibilità  bilanciata da adeguati sussidi di disoccupazione e corsi di formazione per il ricollocamento…
«Quel modello fu lanciato dall’ex presidente degli eurosocialisti Poul Rasmussen quando era premier della Danimarca. Poul premetteva la particolarità  del suo Paese. Ma ha sempre sostenuto che tutte le altre soluzioni anti-disoccupazione alla fine risultano più costose. Io condivido in pieno». 
C’è bisogno di più crescita e occupazione anche nella politica anti-crisi del governo Monti?
«Monti ha davanti un compito difficile. Non è un mago che può risolvere tutto di colpo. Sa bene che, senza la crescita, non si supera la crisi».
Le sue tante critiche all’ex premier Berlusconi rendono inutili ulteriori giudizi. Ma non gli è anche un po’ grato per la popolarità  ottenuta con quell’incidente a Strasburgo?
«Non credo di doverlo ringraziare per aver pronunciato quell’insulto inaccettabile. Berlusconi cercò di sfuggire a una domanda delicata attaccando un tedesco per il passato della Germania. Questo non funziona più in Europa». 
Quel giorno Berlusconi accusò gli eurodeputati di essere dei “turisti della democrazia”. Perfino nella prima audizione del presidente della Bce Mario Draghi l’aula era vergognosamente semideserta…
«L’assenteismo, in eventi di grande rilevanza, è inaccettabile. Nel mio gruppo ho sempre cercato di contrastarlo. Continuerò a farlo da presidente dell’Aula. Ma Berlusconi non ci può chiamare “turisti della democrazia” solo perché il nostro compito impone viaggi continui».
Si aspetta un atteggiamento ostile dal Pdl?
«Assolutamente no. Ho già  incontrato la delegazione Pdl e solo un membro ha un po’ ecceduto. Il capogruppo Mario Mauro fu il primo a inviarmi una lettera sincera quando i giovani socialisti furono uccisi da quel folle sull’isola norvegese di Utoya».


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