Siria, sacerdote ucciso negli scontri Pope ortodosso trentenne
I responsabili delle sommosse a Hama sottolineano che il fatto è ancora sotto inchiesta. Ma la regione è nel caos. La città è uno dei poli più tesi del Paese e roccaforte storica del fondamentalismo sunnita contro il governo sciita-alauita che domina quasi incontrastato dal colpo di stato nel 1970. Nel 1982 le truppe speciali dell’allora presidente Hafez Assad (padre dell’attuale presidente Bashar) vi massacrarono migliaia di oppositori del regime. Il numero delle vittime non è mai stato chiarito: varia a seconda delle fonti da 5.000 a 40.000.
La primavera scorsa, con l’intensificarsi delle violenze, l’esercito è tornato a circondare la zona urbana. A inizio agosto è scattata la repressione, costata la vita a centinaia di attivisti. In autunno le tensioni si erano concentrate altrove, specie nel settore confinante con la Turchia. Ma negli ultimi due giorni, con il ritiro degli osservatori sauditi e dei Paesi del Golfo dalla missione di monitoraggio volute dalla Lega Araba, il regime di Damasco ha fatto capire di voler riprendere con la politica del pugno di ferro. A Hama due giorni fa sono stati segnalate 9 vittime. Non lontano dalla luogo della morte del sacerdote è stato ieri assassinato a sangue freddo anche un responsabile della Mezza Luna Rossa locale. Cresce dunque il timore anche tra i circa 15.000 cristiani locali (su una popolazione urbana di 700.000). Sono segnalate nuove colonne di truppe in movimento dalle caserme. Ma cresce anche il disordine. Proprio tra Hama e Homs criminali comuni stanno imponendo il terrore con il nuovo racket dei rapimenti.
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