Stipendi, parlamentari in rivolta “Ai deputati solo 5 mila euro”

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ROMA – Si sentono perseguitati. Vittime di un clima da caccia alle streghe. Di demagogia, populismo, errori e ingiustizie. I parlamentari italiani protestano contro i dati pubblicati dalla commissione Giovannini per il livellamento retributivo Italia-Europa. «Sono incompleti e alimentano una polemica fascistoide contro la casta», dice Giuliano Cazzola, pdl. E attacca il presidente dell’Istat: «Ora sappiamo che le statistiche ufficiali del Paese sono in buone mani». Il questore della Camera Antonio Mazzocchi, sempre pdl, interpreta a modo suo: «I risultati dimostrano che gli italiani sono quelli che prendono di meno». Per il segretario pd Pier Luigi Bersani «ben vengano altri tagli, ma evitiamo titoli che non rendono giustizia alla condizione reale, altrimenti sembra che i parlamentari siano causa di tutti i mali». Sandro Gozi, deputato democratico, definisce la commissione la più inutile delle tante inutili commissioni italiane: «Il confronto lo aveva già  fatto il parlamento europeo, quel che bisogna fare è adottare criteri trasparenti: niente più forfait, né per i viaggi né per i portaborse, ma rimborsi a pie’ di lista. Basta però mettere tutti nello stesso calderone. Chi paga i collaboratori e fa il parlamentare 7 giorni su 7 non è uguale a chi si intasca i soldi senza neanche venire a votare». «Il problema non sono gli stipendi – dice il finiano Italo Bocchino – ma il numero di deputati e senatori, che sono troppi». Controcorrente, solo il leader Idv Antonio Di Pietro: «I parlamentari italiani hanno i privilegi più alti d’Europa. Perché quando si tratta di far pagare i pensionati, i lavoratori e le classi più povere, il Parlamento trova subito l’accordo trasversale, mentre quando si tratta di tagliare i propri privilegi, deve aspettare gli esiti di una commissione?». 
Gli esiti, poi, tardano: gli esperti non sono riusciti a fare una media, com’era loro richiesto. «Se si guarda solo alle indennità  – spiega Enrico Giovannini – è possibile arrivarci, ma ci sono molti altri aspetti, come le spese di rappresentanza e quelle per beni e servizi, che vengono trattati nei vari Paesi in modo diverso». Da privato cittadino, il presidente dell’Istat non crede poi che la media sia il metodo migliore: «L’importante è raggiungere un livello di spesa ragionevole e meccanismi che rispettino le leggi vigenti in ciascun Paese». 
Difficile dargli torto, ora però la politica è arrabbiata con lui. Lo è anche il presidente del Senato Renato Schifani. Nella lettera che invia ai capigruppo, lamenta l’assenza di «una tempestiva e opportuna trasmissione ufficiale» dei dati da parte della commissione. E precisa che, in ogni caso, a decidere sui tagli sarà  l’ufficio di Presidenza, «unico organo deputato a discutere di status del parlamentare». Tace il presidente della Camera Gianfranco Fini, che ieri festeggiava i 60 anni e che è all’estero, ma a far capire il clima arriva una nota dell’ufficio stampa di Montecitorio: «L’indennità  parlamentare dei deputati italiani è pari mediamente a 5.000 euro. La cifra di 11.283,28 euro mensili è riferita infatti al lordo. In Francia il netto pagato ai parlamentari è di 5.030 euro, in Germania di 5.100». Non si sofferma, la Camera, sui rimborsi esentasse di cui godono gli italiani per i collaboratori, sulla libera circolazione aerea e ferroviaria, sulla diaria percepita anche da chi vive a Roma. La nota annuncia però cambiamenti nel regime dei collaboratori. Gli assistenti parlamentari lo denunciano da tempo, solo il 30 per cento dei deputati ne ha uno, e gli altri prendono comunque il rimborso. Presto, forse, non sarà  più così, ma Senato e Camera sono decisi: a decidere saranno solo loro.


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