Sulla Tobin Tax scoppia in Europa l’ambigua guerra delle tasse

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Che il governo inglese, addomesticato dalla potente City di Londra ed i suoi colossi finanziari, fosse contrario all’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie non è una novità . Ma la materia materia rischia di diventare un vero terreno politico di scontro nell’ambito della più ampia battaglia tra Inghilterra ed Europa continentale su come salvare l’Euro.
La tanto richiesta tassa sulla finanza speculativa, originariamente nota come Tobin Tax nella sua forma di tassazione delle transazioni valutarie, è ormai diventata il cavallo di battaglia del Presidente francese Sarkozy nella sua fronda anti Cameron, per altro in una fase cruciale delle elezioni presidenziali in Francia. A parole, da campagna elettorale, Sarkozy sembra fare sul serio, addirittura anticipando che nel 2012 la Francia adotterà  la tassa, pur a rischio di farlo da sola. Ma va chiarito come, e soprattutto se cambieranno gli equilibri dopo le elezioni.
Allo stesso tempo Sarkozy punta sull’alleato che conta oggi di più in Europa, la Germania della cancelliera Merkel, che da sempre sta lavorando per introdurre la tassa in Europa. Infatti esiste una vera lobby produttiva tedesca che spinge sul governo per farla pagare alla finanza speculativa e del facile arricchimento, da cui la posizione netta e concreta della Merkel, almeno per una volta pù progressista in materia finanziaria ed economica.
Ma la Germania sa bene che la questione è il vero red rationem con il potere finanziario inglese, ancora impunito dopo la crisi del 2007 e 2008, e che ha ancora il potere di muovere l’affondo finale scommettendo sul collasso dell’area Euro, anche se con rischi imprevedibili. L’idea tedesca è quella di una tassa che regoli i rapporti di forza con l’Inghilterra e viene ancora proposta a livello dell’Unione europea.
Certamente si potrebbe applicare la tassa senza problemi e da subito nell’area Euro, il piano B goù sul tavolo di Bruxelles. Una volta che anche Monti, allievo del Prof. Tobin, ha tolto le resistenze italiche, quelle provenienti dal governo di destra spagnolo in profonda crisi economica potrebbero essere vinte facilmente. Ma così la City di Londra e Cameron la spunterebbero politicamente, ed è quello che Parigi e Berlino non vogliono e possono permettersi.
Se poi si guardano i dettagli tecnici della questione, ossia quale tassa attuare e come, regge ben poco l’argomento sempre utilizzato che per funzionare la tassa debba essere globale se no assisteremmo ad una fuga di capitali verso i paesi che non la applicano. I mercati finanziari funzionano principalmente tramite due gigantesche piattaforme telematiche. Anche agendo solamente sulle piazze e gli scambi nell’area Euro ed in entrata ed uscita da questa si potrebbero intercettare molte operazioni dirette sulla City e Wall Street.
Analogamente anche un tasso molto basso funzionerebbe per frenare la speculazione a brevissimo termine: la Commissione europea proponeva anche lo 0,1 per cento, la società  civile valuta che basterebbe uno 0,05, per altri anche meno. Infatti oggi una gran parte delle transazioni finanziarie sono operate da mega-computer che in automatico speculano in millesimi di secondo sull’arbitraggio tra i valori marginalmente diversi degli stessi titoli o monete presenti nello stesso istante su piazze diverse. Guadagni minimi, ma per una miriade di operazioni e muovendo grandi cifre ogni giorno.
Il problema, invece, risiede su cosa si vuole tassare. Oltre le transazioni valutarie, vi sarebbero tutti i titoli finanziari – azioni e obbligazioni. E rimane da vedere se e come si vorranno tassare anche i fatidici prodotti derivati. Oggi molte operazioni speculative in realtà  avvegono tramite questi e definirne il valore non è immediato – infatti “derivano” da un altro prodotto finanziario. Inoltre il 90 per cento di questi contratti è scambiato fuori dei mercati borsistici e senza trasparenza.
Per la cronaca va notato che la City di Londra già  applica una stamp duty reserve tax dello 0,5%, all’emissione ed al passaggio nominativo dei soli titoli azionari. E dietro gli annunci roboanti di Sarkozy, la proposta francese potrebbe fermarsi in un primo momento a qualcosa di simile, escludendo obbligazioni e derivati, così ottenendo ben poco contro la speculazione. In questo modo dopo la guerra mediatica anche Cameron potrebbe dire di sì, ma non cambierà  nulla per la City e gli altri speculatori europei.
In ogni caso i modelli sviluppati nei mesi scosi dal governo francese prevedono che su una stima di 150 milioni di milioni di euro totale di tutte le transazioni finanziarie intenazionali francesi – azioni, titole e derivati – anche con un tasso medio dello 0,001 per cento si avrebbero 15 miliardi di Euro di gettito. Assumendo a spanne che il mercato italiano, meno sviluppato, sia un terzo di quello francese, ogni anno in finanziaria potremmo avere 5 miliardi di Euro. Forse per questo anche il liberista finanziario Monti ha detto che appoggerebbe la tassa.


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