Una retata nel mucchio

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TORINO – Le sei è l’ora della retata. Il sole non ha ancora illuminato il Musiné e la scritta (recentemente corretta al plurale) «No Tav, No mafie», quando parte il blitz – nell’aria almeno da un mese – contro decine di attivisti del movimento. Il risveglio per la Valle è brusco. Scattano le manette: 26 arresti, uno ai domiciliari, 15 misure di obbligo di dimora e una di divieto di dimora nella provincia di Torino. Studenti e pensionati (denunciati pure tre minorenni). Una maxi-operazione, coordinata dalle forze dell’ordine, in quindici province: Torino, Asti, Milano, Trento, Palermo, Roma, Padova, Genova, Pistoia, Cremona, Macerata, Biella, Bergamo, Parma e Modena. Perquisiti tre centri sociali di area anarchica: El Paso, il Metzcal e il Barocchio.
È il risultato di un’inchiesta della Digos e della Procura di Torino sugli scontri del 27 giugno, lo sgombero della Libera Repubblica della Maddalena, e il 3 luglio, l’assedio del fortino di Chiomonte (feriti agenti ma anche molti attivisti nella pioggia di lacrimogeni). La Valle, abituata a sopportare ogni intemperia, reagisce e si mobilita, prima a Villar Forchiardo, poi a Vaie, a Torino e in serata a Bussoleno. E denuncia: «Si tratta di un’operazione mediatica per screditarci» sottolinea Alberto Perino. Le ordinanze sono state emesse dal Gip, Federica Bompieri, su richiesta del procuratore aggiunto Andrea Beconi. 
Tra i reati contestati, resistenza a pubblico ufficiale, lesioni e danneggiamento in concorso. «In alcuni frangenti è stato maggiormente evidente che l’azione violenta era stata concertata, organizzata e, sul posto, addirittura coordinata» scrive il gip, nelle oltre 230 pagine dell’ordinanza. «Il 3 luglio – prosegue il testo – nell’area archeologica e della zona attigua il viadotto Clarea, i gruppi si sono alternati nello sferrare l’attacco alle forze dell’ordine, così da consentire a forze fresche di dare il cambio a chi era stato in prima linea». Secondo il giudice «anche laddove simile organizzazione “militare” non è stata accertata, è, comunque, individuabile un’unica strategia: forzare la protezione del cantiere e dell’area circostante». 
Comunque sia, l’effetto mediatico, ieri, è stato dirompente. Ancora una volta, la questione Tav, invece che essere affrontata, è stata associata a problemi di ordine pubblico. «La notizia dell’arresto è stata diffusa dai media prima che avvenisse» spiega Mauro Rubella, parlando delle manette al mite Guido Fissore, 67 anni, storico militante del movimento e impegnato nel volontariato, suo collega in consiglio comunale a Villar Forchiardo. 
Ma non è il nome di Guido (uno dei tre valligiani arrestati insieme al barbiere di Bussoleno Mario Nucera e Giorgio Rossetto, militante di Askatasuna) a suscitare clamore. Sono i nomi di ex militanti di organizzazioni terroristiche, il brigatista degli anni Settanta, Paolo Maurizio Ferrari, 67 anni, di Milano, un ex di Prima Linea, Antonio Ginetti. Tanto da innescare avventanti e pericolosi paralleli sui siti web. Seppur il procuratore capo Gian Carlo Caselli si affretti a dire: «Il terrorismo non ha niente a che vedere con i fatti pur gravi. Non si tratta di un’azione contro il movimento». Paradosso vuole che tra gli arrestati ci sia persino un militante milanese dell’Arci che tre anni fa, durante un convegno, regalò a Caselli una t-shirt in segno di riconoscenza per la difesa della Costituzione. Agli arresti anche Tobia Imperato, 58 anni, storico anarchico, autore di «Le scarpe dei suicidi» su Sole e Baleno. Scarcerata in serata, Maja C., di 34 anni, di Torino, incinta di sette mesi. Obbligo di dimora, invece, per un dirigente del Prc (Andrea Vitali). Il segretario Paolo Ferrero denuncia «l’ennesimo tentativo di delegittimare il movimento».
I No Tav vedono in campo un teorema che vorrebbe far credere che il movimento sia infiltrato e spaccato tra buoni e cattivi. La Val di Susa respinge totalmente l’ipotesi. «Vogliono dimostrare spaccature che non ci sono» spiega Claudio Cancelli, già  docente del Politecnico. «Pensare che la valle si arresti è una pazzia», aggiunge Lele Rizzo. «Gli arresti hanno ottenuto l’effetto contrario, hanno compattato il movimento» sottolinea Nicoletta Dosio. «Cosentino è libero, i No Tav in galera» esclama Perino, guadagnandosi un sentito applauso. «Questa operazione poliziesca di marchio fascista – spiega – è stata fatta non tanto per il movimento No Tav ma per l’Italia, per tutti quelli che in questo momento alzano la testa: per i camionisti, per i tassisti, per i pescatori, per i sardi e per tutti gli altri». Beppe Grillo sul suo blog ha scritto: «Io sono Valsusino!» (parafrasando John Kennedy a Berlino) e ha definito il blitz «un’operazione di geometrica potenza». Parole che non possono non ricordare via Fani.


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