A 20Ëš sottozero, in marcia per e contro Putin

Loading

Nonostante la gelida giornata, con 20 sottozero, grandi folle sono scese in piazza ugualmente per marciare e ascoltare i comizi in diversi raduni politici contrapposti: quello promosso dal cartello delle opposizioni antiputiniane “extraparlamentari” nella centrale piazza Bolotnaya e quello dei sostenitori del premier nella più remota location del Parco della Vittoria di Poklonnaya Gora, alla periferia sudovest. Sulle due manifestazioni c’è come al solito guerra di cifre. La polizia ha parlato di 33mila manifestanti a piazza Bolotnaya, e di un numero quattro volte maggiore al raduno pro-Putin. Per gli organizzatori della protesta a scendere in piazza per contestare la candidatura di Putin erano 120mila. Sommarie valutazioni di qualche giornalista e le immagini diffuse nelle “dirette web” sembrano però confermare nella sostanza, se non i numeri degli uni o degli altri, almeno che uno scarto di dimensioni tra i due raduni c’era. Ma in ogni caso per gli organizzatori del raduno anti-Putin si tratterebbe comunque di un notevole successo, date le proibitive condizioni climatiche e data anche la presumibile stanchezza del “popolo bianco” (dal colore scelto come simbolo della protesta antiputiniana) dopo mesi ormai di mobilitazione. In effetti sarebbe stato abbastanz a normale attendersi un riflusso, e molti avevano messo in guardia da una manifestazione un po’ fuori tempo – troppo distante dalle precedenti e anche dalle presidenziali del mese prossimo. Inoltre nelle scorse settimane Putin e il presidente uscente Medvedev avevano annunciato diversi provvedimenti “democratizzatori” e di trasparenza, alcuni anche abbastanza rilevanti, e si poteva pensare che questo avrebbe smorzato la determinazione dei contestatori. Invece in tanti hanno raccolto l’appello e si sono presentati all’appuntamento come promesso sulle pagine dei social network, ormai unico veicolo di propaganda e agitazione per tutti. Poco di nuovo, però, si è ascoltato nei comizi, al di là  dell’appello a votare «per chiunque tranne Putin». Grandi applausi per il “veterano” della politica liberale Grigory Yavlinsky, la cui candidatura è stata respinta dalla Commissione elettorale per insufficienza di firme valide; applausi anche per il leader de facto della protesta, il blogger nazionalista Aleksej Navalny, e per il risorto (da due settimane di carcere con sciopero della fame) leader del Fronte di sinistra Sergej Udaltsov. Alla fine la folla ha approvato per acclamazione la consueta lista di richieste: nuove elezioni parlamentari e liberazione dei detenuti politici – in primis dell’ex oligarca Khodorkovskij (una bandiera, quest’ultima, che difficilmente consentirà  al fronte della protesta di allargare più di tanto i consensi). Come in dicembre, dalla manifestazione si sono tenuti alla larga i leader dei partiti rappresentati in parlamento, mentre hanno partecipato, senza salire sul palco, diversi esponenti “in crisi” del regime putiniano. Una nuova manifestazione è stata convocata per il 26 febbraio, una settimana prima del voto. Più spicciativo il contro-raduno a favore del premier, dove hanno dominato gli slogan contro le “rivoluzioni colorate” e contro le ingerenze occidentali nella politica russa. Anche se largamente precettata dalle organizzazioni statali con molti dipendenti – le scuole, in particolare, ma anche molte aziende – la massiccia partecipazione è stata anche in questo caso un successo abbastanza inatteso; tanto più in quanto negli ultimi tempi Putin nella sua campagna elettorale si è appoggiato quasi esclusivamente sul “Fronte del popolo” – creato l’anno scorso e rimasto a un livello di organizzazione piuttosto scarso – lasciando ai margini il partito “Russia Unita”, alle prese con seri problemi di riorganizzazione dopo la batosta subita nelle elezioni di dicembre. Ma la manifestazione di ieri è stata comunque imponente e tale da confermare i sondaggi: nonostante tutto ancora una parte molto consistente dei russi, certamente maggioritaria, continua ad appoggiare il premier.


Related Articles

I fantasmi della Libia sulla corsa di Hillary Fu lei a spingere Obama ai raid contro Gheddafi

Loading

Nel giorno in cui la Clinton festeggia la vittoria in South Carolina e incassa il sostegno dei neri, il New York Times racconta le sue responsabilità in una crisi divenuta emergenza

Festa dell’indipendenza con il nipote di re Idriss

Loading

Per la prima volta dopo 42 anni sabato scorso la Libia ha festeggiato il giorno dell’indipendenza. Il Regno unito di Libia, Tripolitania, Cirenaica e Fezzan, nacque sotto re Idris il 24 dicembre del 1951. Un re e un paese nelle mani degli inglesi.

L’allievo preferito di Schà¤uble impoverisce senza protestare

Loading

 La troika arriva a Lisbona e trova un «buco» maggiore del previsto; impossibili i target per il 2012 Export incredibile: in aumento quello di oro e prodotti petroliferi. Ma il paese non possiede né miniere né pozzi

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment