Africa e colonialismo ecco come nacque l’Aids

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JOHANNESBURG – Tutto è nato da una scimmia. Uno scimpanzé. Il pantroglodytes troglodytes. Un cacciatore bantu nel sudest del Camerun cattura e uccide un esemplare. Lo scuoia, lo macella, lo cucina e se lo mangia. Scene normali nella foresta più interna e isolata dell’Africa centrale. Il primo contagio del virus Hiv è avvenuto così. Con il sangue infetto. È storia nota. Dopo anni di dibattiti e tesi contrapposte la scienza ha decretato una prima verità . Quello che non si riusciva ancora a capire è in che modo il contagio abbia raggiunto i centri abitati, poi le città , le metropoli, gli Stati, i continenti, fino a trasformare l’Aids nella più spaventosa pandemia del secolo scorso. Un giornalista del Washington Post e un ricercatore statunitense lo hanno scoperto. O meglio: sostengono, indicando una serie di prove, che la responsabilità  ricade su quel grande dinamismo economico e commerciale che spinse le vecchie potenze europee a colonizzare l’Africa all’inizio del Novecento. Una conclusione che offre al quotidiano statunitense lo spunto per titolare: «Kinshasa, il ground zero dell’Aids».
La tesi del libro (“Tinderbox”) è suggestiva. Mette insieme una serie di elementi che ricercatori ed esperti avevano sottolineato nell’itinerario del virus, senza riuscire però a tracciare la linea che li univa. Se la corsa all’Africa fosse stata gestita con più oculatezza, se il Belgio di re Leopoldo II, assieme a Francia, Gran Bretagna, Portogallo e Germania, non avessero spedito in quelle terre inospitali frotte di avventurieri ignoranti e senza scrupoli, il contagio sarebbe stato contenuto e forse non avrebbe mai varcato i confini della giungla. Bramosia di ricchezza, desiderio di conquista. Le colpe originarie sono dei colonialisti. Colpe vere, quelle che hanno prodotto 40 milioni di sieropositivi al mondo, di cui 30 solo in Africa, e ucciso altri 25 milioni di uomini, donne e bambini.
Il povero e ignaro cacciatore bantu fu infettato dallo scimpanzé. Tornò al villaggio e lì, probabilmente per decenni, il virus dell’Aids rimase in silenzio. Nel vecchio Continente si moriva di tubercolosi, di diarrea, di malaria, di fame. L’Hiv, almeno fino al 1980, era sconosciuto. Ma la nascita delle automobili e quindi degli pneumatici, ai primi del secolo scorso, spinse i Grandi dell’Europa a cercare nuove piantagioni di caucciù di cui l’Africa occidentale e centrale è ricchissima. Gli esploratori, ma soprattutto gli avventurieri arruolati dalle società  belghe, si rivelarono spietati caporali. Venivano pagati a seconda dei chili di gomma che riuscivano a raccogliere dagli alberi. Un lavoro che facevano svolgere agli indigeni: erano i soli a conoscere i segreti e i pericoli della foresta. Erano schiavi. Se il raccolto era basso venivano puniti con l’evirazione: un modo barbaro di umiliarli e destinarli all’isolamento.
Questo esercito di uomini, spesso criminali salvati dal carcere ma utilissimi per il lavoro sporco, attirò un indotto di taverne, postriboli, case da gioco, bar. Le foreste erano meno isolate, i contatti più frequenti, soprattutto quelli sessuali. L’Aids, misterioso e sconosciuto, aveva la strada spianata. Si è scoperto che il primo caso di virus Hiv-M2 è stato individuato nel 1959, nel sangue di un uomo che viveva a Kinshasa. Era dello stesso tipo del Siv, il virus dell’immunodeficienza delle scimmie. Si stima che il primo contagio risalga almeno al 1931. 
Altri studiosi si spingono fino a indicare il 1908. È l’anno che segna la nascita delle prime grandi città  della conquista coloniale. Kinshasa era già  un centro che vibrava di attività . «Era piena di gente, frenetica, allegra, carica di energie e di speranze», ricordano gli autori del libro. «Una comunità  dove le vecchie regole venivano messe da parte di fronte al nuovo commercio che arricchiva tutti». Fu l’inizio della fine. Solo più tardi si scoprirono a San Francisco i casi dei cinque gay infettati. Kinshasa è stata la culla: per mezzo secolo ha protetto e diffuso il più ostinato, mutante, subdolo nemico dell’uomo. Un nemico diventato oggi quella bomba che condiziona le economie africane. E il Sudafrica guida la classifica del contagio, con 5,3 milioni di sieropositivi.


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