Al lavoro 12 ore sottozero. Protestano diciannove operai di una cooperativa: licenziati

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MANTOVA – Turni che duravano anche 12 ore di lavoro, dentro e fuori celle frigorifere dove la temperatura è di 20 gradi sottozero. E il giorno che hanno provato a lamentarsi, il loro appello è stato subito accolto: tutti licenziati. A Mantova ci sono 19 lavoratori che sarebbero ben felici di godersi la monotonia del posto fisso evocata dal premier Monti; purtroppo fanno parte di quell’Italia che tira a campare con rapporti di precariato – prestano servizio nella fattispecie per una cooperativa di lavoro – e per i quali i diritti sono un lusso. La loro storia era già  approdata all’attenzione dell’opinione pubblica qualche giorno fa, quando il gruppo di operai, assegnati a una ditta che commercia cibi surgelati, aveva denunciato irregolarità  nella busta paga. Tralasciando le facili ironie visto che parliamo di persone costrette a starsene intere giornate al gelo, era la classica punta dell’iceberg: una serie di esposti presentati a Ispettorato del lavoro, Inps e anche alla Procura della Repubblica, stanno facendo emergere adesso uno spaccato del lavoro in Italia, lontano anni luce dai «privilegi» dell’articolo 18 e dalla busta paga assicurata il 27 del mese.

 

La cooperativa in questione è la BBS con sede a Bresso (Milano) assegnataria di un appalto da parte della Primafrost di Mantova. La società  milanese, dice l’esposto presentato all’Ispettorato del lavoro, «costringe i lavoratori sotto la minaccia del licenziamento a velocizzare il lavoro in spregio a ogni norma sulla sicurezza… e impone ai propri soci lavoratori turni di 12 ore giornaliere con temperatura di 25 gradi sottozero e con dispositivi di protezione logorati o deteriorati». Le parole sono accompagnate anche da significative fotografie che mostrano alcuni dei magazzinieri arrampicati senza protezioni tra i bancali o con le scarpe da lavoro rotte e riparate alla meno peggio. La denuncia è stata presentata dalla Cisl, alla quale i 19 lavoratori si sono rivolti vincendo paure e ritrosia. In più gli stessi lavoratori avevano denunciato alla Guardia di Finanza che solo una parte del loro compenso (circa 900 euro mensili, pari a circa 130 ore di lavoro) compariva regolarmente in busta paga; il resto veniva mascherato da altre voci o pagato in nero, costituendo di fatto un’evasione delle tasse.

«I lavoratori si sono coraggiosamente prestati a denunciare questi fatti – racconta Emmanuele Monti, il funzionario Cisl che segue la vicenda – consapevoli che sarebbero andati incontro a dei rischi». Detto fatto, dopo che era stato chiesto l’intervento delle autorità  di controllo, coloro che avevano aderito all’iniziativa sindacale sono stati messi alla porta dalla BBS; la cooperativa si è rifiutata fino a oggi di intavolare qualunque trattativa, benché sollecitata anche da enti locali mantovani. Tira le somme della vicenda Aldo Menini, segretario della Cisl di Mantova: «La storia di queste persone la dice lunga su quanto oggi sia schizofrenico il mondo del lavoro. Va bene la flessibilità , ma questo episodio dimostra che siamo in certo frangenti di fronte a forme di liberismo selvaggio. L’introduzione di qualche norma in più non guasterebbe affatto».


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