Bavaglio alla radio libera E il dissenso emigra in tv

by Editore | 15 Febbraio 2012 9:04

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MOSCA — Non era successo nulla per undici anni, fino a quando Vladimir Putin non ha accusato la radio indipendente Ekho Moskvy di affermare cose «prive di senso» e di «gettargli addosso m. dalla mattina alla sera». Il problema è che «Eco di Mosca» è di proprietà  di Gazprom Media, una controllata del gigante del gas guidato da uomini assai vicini al capo del governo. Naturalmente nelle spiegazioni ufficiali le accuse di Putin non c’entrano nulla con la decisione di «procedere a un rimescolamento aziendale».
Il consiglio di amministrazione della radio perde così due consiglieri indipendenti, sostituiti da ex compagni di università  del presidente Dmitrij Medvedev. In sostanza l’autonomia garantita fino ad ora rischia di saltare. Il direttore della radio, Aleksej Venediktov si è dimesso a sua volta dal consiglio assieme al suo vice. Ma rimane alla guida della redazione e, sorprendentemente, assicura che non è stato Putin a ordinare l’attacco contro l’emittente: «Se lo avesse fatto, io non sarei più qui».
E allora? La spiegazione di Venediktov è semplice: come spesso accade in situazioni del genere, c’è qualcuno più realista del re. Putin ha accusato la radio di essere una sorta di agenzia al servizio degli Stati Uniti e «uno zelante collaboratore — secondo Venediktov — ha interpretato questo come il segnale dato a un cane: vai e acchiappali». Interpretazione confortata anche dalle dichiarazioni del portavoce del primo ministro Dmitrij Peskov, il quale ha negato che sia stato dato un ordine del genere.
In effetti la situazione russa è in questo momento assai complessa e Putin deve stare ben attento a non alienarsi ulteriormente quella componente giovane e urbana dell’elettorato che è già  scesa in piazza contro il regime. I segnali che arrivano dal Cremlino e dalla Casa Bianca sono comunque assai ambigui.
La tv russa è cambiata molto in questi anni, aprendosi a programmi che riflettono la realtà  di crescita economica e sociale (come «Dai sposiamoci!»). Gli oppositori compaiono per la prima volta in talk show di grande ascolto, ma allo stesso tempo ecco l’intervento su «Eco di Mosca». E quello su Kseniya Sobchak, figlia del defunto ex sindaco di San Pietroburgo, gran protettore di Putin. Kseniya, una sorta di Paris Hilton à  la russe è recentemente passata con l’opposizione (anche se accolta con fischi alle manifestazioni). Ha invitato al suo show televisivo il blogger Aleksej Navalny e la stazione tv Mtv ha subito annunciato la sospensione dello spettacolo «perché non in linea con il tipo di pubblico giovanile e appassionato di musica pop». Mtv russa è controllata dalla Interros, di proprietà  dell’oligarca Vladimir Potanin, da sempre vicinissimo al Cremlino.
C’è grande attesa ora per vedere cosa succederà  a «Eco di Mosca». Prima Gazprom Media aveva quattro consiglieri su nove. Tre erano designati dalla redazione e due erano indipendenti; con le nuove nomine l’equilibrio cambia. «Una decisione presa per stabilire il controllo dello Stato sui media indipendenti», ha detto senza mezzi termini Evgenij Yasin, ex ministro dell’economia, uno dei consiglieri giubilati.
Venediktov, che negli anni si è scontrato molte volte con Putin, continuerà  a fare il suo lavoro come sempre, visto che il contratto di direttore scade tra due anni. Da varie parti sono arrivate offerte di aiuto ai giornalisti per acquisire la quota azionaria di Gazprom Media. Si è mosso anche il miliardario Mikhail Prokhorov, candidato indipendente alle prossime elezioni presidenziali. 
Lo stesso Venediktov ha raccontato di aver proposto più volte in questi anni di acquistare assieme ai suoi colleghi la maggioranza delle azioni. Ma Gazprom non ha la minima intenzione di mollare la presa.
D’altra parte la sua funzione è sempre stata quella di fornire al potere una voce nel settore dei mezzi di comunicazione. Una delle prime operazioni della società  fu quella di acquisire la stazione televisiva Ntv che era di proprietà  del magnate Vladimir Gusinskij, costretto a fuggire all’estero dopo aver rotto con il Cremlino.

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