Canone per il pc, indietro tutta la Rai: nessun aut aut alle aziende

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ROMA – La telefonata tra i tecnici del ministero dello Sviluppo economico e i dirigenti della Rai, ieri mattina, è stata burrascosa quanto basta. E alla fine la tv di Stato fa una qualche retromarcia in questa storia del canone. Viale Mazzini precisa che il semplice possesso di computer, tablet tipo iPad, smartphone non impone il pagamento del canone per la televisione. Questo è il principio generale. Più in concreto, le famiglie continueranno a versare il canone ordinario (112 euro l’anno) e solo per il possesso del televisore. Invece le aziende dovranno pagare il canone speciale (che va dai 200,91 fino ai 6696 euro). Questo canone speciale dovrà  essere versato per le tv che è in ufficio. E chi lo paga una prima volta, avendo il televisore, non deve altro. La Rai però chiederà  questo canone speciale anche alle imprese che non hanno l’apparecchio tv e usano invece i computer «come televisori». Tutto chiarito, dunque? 
Il senatore del Pd Vita e il portavoce di Articolo 21, Giulietti, pretendono che sia il ministero a dire l’ultima parola in questa vicenda, «visto che non spetta certo a Viale Mazzini interpretare le leggi». Si accoda la Lega che vuole proteggere le “partite Iva” e i piccoli imprenditori tra cui conta molti elettori, mentre il senatore Elio Lannutti (dell’Idv) prega la Rai di fermare la vera mina vagante di tutta la storia. E cioè lo spot sul canone che mostra telefonino e computer come motivo per versare la gabella. Sdrammatizza il caso Butti del Pdl secondo cui il vertice di Viale Mazzini ha dimostrato «buona capacità  di ascolto». 
L’associazione dei consumatori Adoc si chiede se esistano in Italia imprenditori talmente onesti da aver già  pagato il canone – per il loro pc – appena ricevuta la lettera di sollecito della Rai. Questi “eroi” potranno trovare un modulo nel sito dell’Adoc (all’indirizzo www. adoc. org) per reclamare il rimborso dei soldi. Le piccole e medie aziende del commercio e dell’artigianato si fanno sentire attraverso l’associazione Rete Impresa che spera in un ordine del giorno del Parlamento per mettere il settore in totale sicurezza. Mentre Confindustria Digitale teme l’autogol. Iniziative estemporanee come quella Rai possono scoraggiare la corsa delle aziende verso collegamenti Internet veloci. Questa la tesi.
Da una grana all’altra. La tv di Stato ricorrerà  in appello contro la sentenza che la condanna a pagare 5 milioni – insieme al giornalista Corrado Formigli – per un servizio sulla Alfa Mito (in onda in Annozero). «Una cifra impressionante, insostenibile. Una sentenza che investe le ragioni stesse della professione», scrive Formigli sul profilo Facebook. Roberto Natale, presidente del sindacato giornalisti (Fnsi), si domanda se sia ancora possibile criticare un’auto prodotta da una grande casa, mentre il segretario nazionale Fiom, Airaudo, abbraccia Formigli, solidale.


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