Chi compra Bot, chi paga i debiti I primi cittadini svuotano le casse

by Editore | 29 Febbraio 2012 8:58

Loading

Poi, il tema è stato fatto proprio da Luca Zaia e Roberto Maroni: oggi è il principale cavallo di battaglia del Carroccio di lotta. Eppure, l’abolizione delle tesorerie comunali prevista all’articolo 35 del decreto liberalizzazioni ha scatenato le ire di tutti i sindaci, senza distinzioni di casacca o appartenenza, maggioranza o opposizione. 
Il decreto governativo sancisce che le somme depositate presso le tesorerie di enti locali e Regioni vengano dirottate, in due tranches e direttamente dalle banche che gestiscono tali risorse, su una tesoreria nazionale. Il che — a prescindere da qualsiasi considerazione sull’autonomia dei territori — decurta in modo significativo gli interessi che i municipi fino a ieri maturavano sui fondi depositati. Oggi scade la prima delle due rate, e dunque ieri è stato il giorno della rabbia. Anche se una soluzione, resta da capire quanto condivisa dagli interessati, pare profilarsi: il governo ha accolto due ordini del girono che lo impegnano ad attuare la raccomandazione della commissione Bilancio di Palazzo Madama per una nuova formulazione della norma che garantisca «l’equivalenza tra tassi di interesse maturati presso le Tesorerie locali e quelli maturati presso la Tesoreria statale». Come dire: l’autonomia ne soffrirà , ma almeno non ci si rimetta. 
In ogni caso, la macchina della protesta è già  partita. L’associazione dei Comuni (Anci) per «sostenere tutte le iniziative di contrasto alla norma che prevede il ritorno alla tesoreria unica tradizionale» ha messo a disposizione dei suoi associati uno schema di «intimazione e diffida» nei confronti delle banche che svolgono il ruolo di tesoreria affinché non versino una lira allo Stato. In pratica, si tratta del provvedimento avviato dal Comune di Venezia, guidato da Giorgio Orsoni (centrosinistra). Il quale non è meno tonico dei colleghi leghisti: «Obbligarci a trasferire le tesorerie presso la Ragioneria dello Stato è un insulto alla nostra autonomia. Il provvedimento manifesta una visione centralistica dello Stato che non possiamo accettare»
Ma la protesta ha assunto forme anche fantasiose. Il presidente della Provincia di Treviso, Leonardo Muraro, qualche giorno fa, ha trovato una sua soluzione. Poiché ai rigori del decreto sfuggono soltanto le risorse investite in titoli di Stato, oplà : i conti correnti della Marca sono stati rapidamente svuotati e trasformati in Bot. Anzi, Muraro ieri ha fatto sapere che i trevigiani in 24 ore hanno già  guadagnato 84 mila euro. In parte, frutto del differenziale tra il tasso dell’1,6% e quello del «modesto 1% che il Governo Monti ci avrebbe voluto riconoscere, attraverso l’imposizione del regime di tesoreria unica, con le nostre liquidità  trasferite coattivamente in Banca d’Italia». 
Sul fronte delle Regioni, l’apripista è stato Luca Zaia, il quale sta agendo su tre fronti paralleli: impugnazione del decreto avanti la Corte Costituzionale, ricorso al Tribunale di Venezia ed ora anche diffida all’Unicredit dal trasferire le risorse venete alla tesoreria «romana»: «Se tutti gli enti locali faranno così, il governo avrà  una bella gatta da pelare». Ma, appunto, a protestare non sono certo i soli leghisti. Il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris (Idv) osserva che «le amministrazioni locali non possono essere degli ammortizzatori sociali della crisi in atto» e dunque la norma, «decisa senza la consultazione degli enti locali stessi» sarà  impugnata secondo quanto indicato dall’Anci. 
Assolutamente deciso anche Matteo Renzi, il sindaco (Pd) di Firenze: «Trovo allucinante che lo Stato decida di prendersi questi soldi che sono dei cittadini». Ma non è solo un fatto formale: «Io ricevo dieci email al giorno da parte di aziende che, pur avendo in cassa le risorse, non posso far lavorare a causa del “patto di stupidità “». Secondo il sindaco democratico, «il governo sta facendo bene ma deve stare attento a non sottovalutare l’impatto di quelle che non sono soltanto operazioni contabili ma incidono in maniera decisiva sulle vite dei cittadini». 
Ma c’è anche chi non si unisce al coro. Bruno Tabacci, assessore al Bilancio nella Milano di Giuliano Pisapia, se la prende anche con l’Anci: «Avrei di gran lunga preferito che insorgesse contro questa Imu che di municipale non ha quasi nulla. Questa è la battaglia vera per l’autonomia». L’ex presidente della Lombardia dice di «non avere alcuna intenzione di mettersi a strillare contro il governo Monti, che sta portando l’Italia fuori dal disastro. E non mi associo alla Lega, che soltanto pochi mesi fa ha imposto a un suo sindaco, il presidente dell’Anci lombardo Attilio Fontana, dal protestare contro le misure del precedente governo».

Post Views: 171

Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2012/02/chi-compra-bot-chi-paga-i-debiti-i-primi-cittadini-svuotano-le-casse/