Dalla scuola cattolica alla scomunica le svolte del compagno che amava Gesù

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Negli anni della Sierra, quando guidava il piccolo esercito che finì con l’abbattere il regime di Fulgencio Batista a Cuba, erano tanti i contadini che chiedevano a Fidel Castro l’onore di averlo come padrino per il battesimo dei loro figli. In quella guerriglia c’erano cattolici, evangelici, massoni e “santeros” (i seguaci della “santeria”, la religione degli schiavi africani). E c’era anche un prete, il sacerdote Guillermo Sardià±as, che fungeva da cappellano con il grado di comandante guerrigliero. Una foto di Alberto Korda, riapparsa recentemente all’Avana nella versione non censurata, mostra Fidel e un contadino con la Virgen del Cobre, santa protettrice dell’isola, a testimonianza del carattere largamente plurale di quell’avventura rivoluzionaria. Per Castro e per i suoi “barbudos” i problemi con la Chiesa – soprattutto con la gerarchia ecclesiastica- arrivarono dopo. Quando, disprezzato da Nixon, all’epoca vicepresidente di Eisenhower, il non ancora lìder maximo strinse, per sopravvivere, l’alleanza con l’Unione Sovietica. Una storia raccontata in mille modi diversi nella quale gli storici si dividono anche sull’inizio della svolta marxista-leninista di Fidel. Fatto sta che, subito dopo la scelta del campo socialista, arrivarono la scomunica (firmata il 3 gennaio del 1962 da Papa Giovanni XIII) e lo scontro, feroce, con la Chiesa sull’isola. E Fidel divenne ateo, per necessità . Le proprietà  ecclesiastiche vennero nazionalizzate; centinaia di sacerdoti, soprattutto spagnoli, furono espulsi; il Natale e le altre feste cattoliche proibite. Per decenni le relazioni furono freddissime. Almeno fino al 1992 quando il quarto Congresso del Partito comunista cubano riconobbe la piena libertà e uguaglianza dei culti religiosi. Poi il viaggio a Roma per incontrare Wojtyla e la storica accoglienza del Papa polacco all’Avana.

Quella di Fidel Castro con la religione cattolica è sempre stata una relazione di amore e odio. Mai risolta. Ad Oliver Stone, nella famosa intervista, spiegò che non era diventato credente perché nel collegio dei gesuiti nel quale trascorse i suoi anni giovanili gli insegnarono la religione in modo “troppo dogmatico”. Mentre ad un gruppo di giornalisti, nel ’98, rispondendo ad una domanda diretta su Dio disse: «Credere è un fatto molto intimo, mi rifiuto di parlarne in pubblico». A Frei Betto, l’amico sacerdote domenicano che nel 1986 pubblicò il libro Fidel e la religione, disse che la Bibbia era sempre stato il suo libro favorito. «La storia sacra e l’Antico Testamento mi hanno sempre affascinato», confessò. Aggiungendo il suo grande rispetto per i credenti e sottolineando le somiglianze «fra il pensiero cristiano e il pensiero rivoluzionario». «Nel tempo – disse a Frei Betto – ho avuto la possibilità  di fissare la mia attenzione sugli aspetti rivoluzionari della dottrina cristiana, soprattutto dal punto di vista educativo».


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