Elezioni presidenziali «libere» sorvegliate a distanza da Saleh

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Ma è arduo credere che lo Yemen sia avviato ad un cambiamento vero, dopo oltre un anno di proteste represse nel sangue dal presidente uscente Ali Abdallah Saleh (rimasto al potere 33 anni), alleato di ferro degli Stati Uniti. Il rischio è che il «cambiamento» al vertice serva in realtà  a non cambiare nulla in paese povero, travagliato da ansie di secessione, spaccato dagli interessi di clan potenti e, di fatto, sotto il controllo dell’Arabia saudita. 
Gli yemeniti vogliono credere che le elezioni siano l’alba di un nuovo giorno. Anche la premio Nobel Tawakkul Karman, membro del partito islamista al Islah, ha dato pieno sostegno nuovo presidente Hadi. «Ora dobbiamo sostenerlo nell’esecutivo di transizione che durerà  due anni e sfrutteremo questo periodo per costruire un nuovo Yemen», ha detto qualche giorno fa Karman, una delle voci del movimento popolare che ha animato la Piazza del Cambiamento di Sanaa per quasi tutto il 2011. Tutto però sembra portare nell’altra direzione. Saleh, scampato nei mesi scorsi ad un attacco armato dei suoi oppositori, lo scorso novembre ha firmato un compromesso – mediato dall’Arabia saudita e dagli altri paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo – con il quale si è impegnato a lasciare le redini del potere al suo vice Hadi in un governo di coalizione tra il Congresso generale del popolo al potere e i partiti di opposizione. In cambio ha ottenuto l’immunità  per i crimini compiuti negli oltre tre decenni al potere. 
Saleh ha accettato di farsi da parte perché sa che continuerà  a controllare il paese, con la benedizione di Riyadh. E potrà  farlo proprio per mano di Hadi, al quale aveva ceduto i suoi poteri. L’ex presidente manterrà  strette nelle sue mani anche le leve di comando delle Forze Armate, tramite parenti e un gruppo di fedelissimi. Il fratellastro è a capo dell’aviazione e Hadi è anche maresciallo capo, il grado più alto nell’esercito. Inutili sono state le proteste del movimento di Piazza del Cambiamento che per un anno ha chiesto le dimissioni dei militari accusati di aver ucciso centinaia di persone nella rivolta. 
Il futuro presidente, controllato a distanza da Saleh, dovrà  affrontare problemi enormi in un paese che appare sul punto di frantumarsi. A Nord è ripresa la rivolta degli sciiti Houthi che hanno boicottato il voto così come i separatisti che vivono nelle regioni meridionali, un tempo territorio della Repubblica socialista dello Yemen. Come Saleh, anche Hadi avrà  dalla sua parte il potente alleato nordamericano. L’amministrazione Obama si è detta pronta ad assistere in misura maggiore lo Yemen, se Sanaa continuerà , come tutto lascia pensare, la «collaborazione antiterrorismo». Proseguirà  anche l’addestramento dei militari yemeniti che operano con la Cia e il «Joint Special Operations Command» Usa.(mi. gio)


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